In questo momento stiamo tutti navigando fra
le stelle, siamo degli astro-nauti su una navicella spaziale, la terra, che
ruotando intorno al sole si muove, con il suo sistema solare nel cosmo con
destinazione ignota.
Le stelle sono un richiamo alla nostra essenza
infinita, alla nostra, non abbiamo paura di dirlo, “divinità”. Purtroppo le
luci artificiali quotidianamente spingono la maggior parte di noi al
“divertimento”, alla distrazione, perché questo monito, questo invito
all’infinito, fa paura. È impossibile stare sotto le stelle senza avvertire
terrore sacro. Eppure quell’imperativo, sii infinito, “indiati”, contenuto ad
esempio nell’opera di Giordano Bruno, va ascoltato. Perché la vita è troppo
angusta se chiusa nella sua finitudine. Noi siamo infinito. Le stelle sono lì,
intangibilmente a ricordarcelo ogni notte, se solo ci poniamo in ascolto.
Uno dei rischi maggiori, però, è il desiderio
di fuga, in una radicale contrapposizione fra alto e basso, puro e impuro,
spirituale e materiale.
Ascoltare il monito, il richiamo delle stelle
all’infinito che da sempre siamo, che da sempre dobbiamo diventare, deve sempre
coniugarsi alla fedeltà. Fedeltà alla terra, la nostra madre-patria.
Molte delle stelle che ora stiamo guardando
sono esplose da millenni, ne vediamo solo la luce. Mentre gli antichi
ritenevano che esistesse un mondo perfetto e incorruttibile fatto di etere
eterna, noi sappiamo che non esiste differenza qualitativa fra la terra e le
stelle, che il divenire è legge cosmica, che ogni cosa è destinata a svanire, a
perire. E questo ce la rende quanto mai cara nella sua irripetibile unicità.
Il tempo cambia molte cose nella vita:
il senso, le amicizie, le opinioni.
Che voglia di cambiare che c'è in me!
Si sente il bisogno di una propria evoluzione
sganciata dalle regole comuni,
da questa falsa personalità.
Segnali di vita nei cortili e nelle case
all'imbrunire,
le luci fanno ricordare
le meccaniche celesti.
Rumori che fanno sottofondo per le stelle,
lo spazio cosmico si sta ingrandendo
e le galassie si allontanano.
Ti accorgi di come vola bassa la mia mente?
È colpa dei pensieri associativi
se non riesco a stare adesso qui.
Segnali di vita nei cortili e nelle case
all'imbrunire,
le luci fanno ricordare
le meccaniche celesti.
Nel testo di Battiato troviamo il monito ad un
cambiamento. La contemplazione dello spazio in espansione, l’evocazione delle
meccaniche celesti è funzionale ad un’altra vita possibile, che faccia evolvere
la nostra personalità in maniera autonoma dalle regole comuni. Parafrasando
Macbeth potremmo dire: «Stelle, mostrate i vostri fuochi! La luce veda i miei
oscuri e segreti desideri. L’occhio
guardi quel che fa la mano», Potremmo dire, dunque, che l’astro-nomia, l’insieme delle leggi che
regolano il moto delle stelle, può diventare, se lo vogliamo, la premessa di
un’etica evolutiva. L’obiettivo è una consapevolezza cosmoteandrica: l’uomo è
una «fibra dell’universo», del cosmo, intramata di Dio.
Io sono un essere pienamente terrestre,
pienamente cosmico. Sono materia, materia intrisa di spirito, sono spirito
tutto materiale. I miei piedi sono ben radicati nella terra in cui sono
cresciuto. La mia testa ogni notte si perde e si ritrova nelle profondità
stellari. Non ho certezze assolute, solo brandelli poetici di rivelazione in un
domandare pietoso che non avrà mai fine.
(Rielaborazione
di un intervento tenuto a Pietrelcina il 10 agosto 2015)
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