Noi
abitiamo spazi creati per lo più dai romani e moltissime città italiane
conservano monumenti e tracce di quella Roma. Benevento è tra quelle città.
Ho
avuto la fortuna di ascoltare le lezioni (le ultime) di Santo Mazzarino e con lui di fare l’esame di storia romana. Ciò
nonostante continuo a nutrire fortissime resistenze nei confronti di questa
civiltà. Per la mia educazione cristiana? Per l’odio istintivo nei confronti
dei potenti? Non lo so, anche perché Roma, ad uno sguardo ravvicinato si frastaglia
nelle sue vicende e nei suoi usi. Continuo a credere che complessivamente la
cultura romana sia di gran lunga inferiore a quella greca. Anche quello che a
mio parere è il maggior autore latino, cioè Lucrezio, è debitore di Epicuro. Al di là di questo, ciò che mi
respinge della civiltà romana è il culto della forza che diventa imperialismo.
Certo, ho letto le Memorie di Adriano
della Yourcenar: grande libro che
apre molti squarci su quel mondo. Ma, ad esempio nella vicenda degli Ebrei, non
cogliamo quello spirito di conquista, pure magnanimo, ma comunque di conquista
che non tollera alcuna autonomia? Probabilmente è un mio limite, da superare
con studi approfonditi: forse se riuscissi a leggere quella romana come una civiltà tradizionale, a coglierne prioritariamente
la pietas che ne domina i
comportamenti, il senso del sacro che la pervade, potrei smettere di credere,
come Simone Weil, che quasi tutto
sia spregevole in quella civiltà («I romani erano un manipolo di fuggiaschi
conglomerato artificialmente in una città; ed essi hanno strappato alle
popolazioni mediterranee la loro vita, la loro patria, la loro tradizione» (La prima radice, p. 52). Fino ad ora non
ci sono riuscito. La mia impressione complessiva è comunque di una distorsione,
di cui io stesso sono stato vittima, dei valori di quella civiltà. So, però,
nei confronti di quale retaggio romano sarei critico: sicuramente la centralità
dell’organizzazione militare (giustificata inizialmente da guerre difensive ma
poi divenuta strumento di una politica imperialistica). Cosa valorizzare?
Sicuramente la percezione del romano antico di vivere in una città abitata dagli dei, poi la tolleranza nei confronti delle altre civiltà e il rigore nel codificare i rapporti, i valori tradizionali come la pietas esemplificata dall’Enea di
Virgilio «che in spalla / un passato che crolla tenta invano / di porre in
salvo, e al rullo d’un tamburo / ch’è uno schianto di mura, per la mano / ha
ancora così gracile un futuro da non reggersi ritto» (Giorgio Caproni, Il passaggio
di Enea). Ancora e sempre, comunque, cercare ciò che può tornare a vivere,
abbandonando una prospettiva archeologica e antiquaria, la stessa che colpì
negativamente il giovane Leopardi nel suo soggiorno a Roma: vi cercava gli
antichi valori e la virtus degli eroi
e vi trovò discussioni di vecchi ammuffiti.
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