mercoledì 3 febbraio 2016

L'arte del transito VII (Aforismi 1989-2009)



Il prossimo


Gesù – racconta Giovanni - guarisce il cieco nato di sabato, non rispettando la legge ebraica. Perché la lettera è morta, lo spirito vivifica. E lo spirito non conosce regole rigide. E poi dice al cieco che “colui che parla con te” è il Messia. Chiunque ci stia di fronte? Il nostro prossimo…

«Ripeness is all…»

Che cosa significa diventare adulti? Accettare la responsabilità, accettare non solo la possibilità ma anche la cruda realtà della sconfitta, senza per questo credere che la vita smetta per questo di avere un senso. Progettare il futuro con pazienza, sapendo che basterà un evento casuale per spezzare la trama dei nostri sogni, ma che ciò non di meno è necessario sognare il futuro perché esso si realizzi secondo una parte delle nostre aspirazioni. È così difficile la pazienza, la lenta costruzione delle cose. Eppure riempie di fierezza vedersi realizzare le cose, le case, i lavori, le famiglie...

Equilibrio

Trovare l’equilibrio misterioso tra il servizio a Dio attraverso le opere della nostra giornata, l’ascolto interiore della sua parola e l’ascolto del suo volere attraverso gli altri. Che cos’è una vita equilibrata? È utopico “costruire” l’equilibrio, se non a partire da una disposizione interiore, che è il dono di sé. È inutile cercare altre vie, in maniera razionale. Il nostro ego inevitabilmente finirà per risucchiarci nelle tenebre che ci portiamo dentro da sempre. La luce si conquista solo ripetendosi ogni giorno: «Sia fatta la tua, non la mia volontà». È quello che diceva S. Teresina, quello che diceva Bonhoeffer nelle sue ultime lettere. «L’essere-per-l’A/altro». Questo equilibrio ci consente di portare la testa alta tra gli uomini, qualunque cosa ci accada. Ci consente di guardare gli altri negli occhi, nella certezza che la nostra pratica quotidiana è perfettamente intonata alla nostra fede. Le due cose non possono scindersi, se non a costo di fariseismo o di inaridimento.

      Relativismo cristiano

Mi ritrovo spesso a pensare se il mio “relativismo” sia compatibile con la fede cristiana. E mi rispondo di sì, perché io credo che la Verità esista ma credo anche che nessuno la può possedere tutta intera. Qui varie suggestioni si incrociano: l’idea di Heidegger della verità come svelamento, l’immagine orientale del re, dei ciechi e dell’elefante… Questo mi permette anche di pormi con molta libertà ed apertura nei confronti delle altre pratiche spirituali. Nello stesso tempo sono giunto a comprendere l’originalità del cristianesimo (rispetto alla tappa del mio percorso di conversione che credeva nella “unità trascendentale” delle religioni). Ci sono momenti che si sovrappongono nelle fedi ma anche differenze forti: l’Incarnazione è la differenza più forte del cristianesimo rispetto a tutte le altre religioni, sia monoteiste (Dio non può incarnarsi!) sia orientali (il reale è illusione). Un cristianesimo centrato sull’incarnazione detta anche un agire concreto sempre immerso nel reale, sempre attento alla situazione in cui ci si trova ad agire, sempre “storico”. Il mancato possesso della verità rende prudenti ed evita teologie della storia. Il mondo è nelle mani di Dio è paradossalmente una frase più “laica” della fine della storia o dell’avvento della società senza classi. Il mondo è nelle mani di Dio, ma io non so nulla di questo progetto o ne so poco per ricostruirlo tutto. In ogni caso non potrò mai conoscere il disegno sotteso alla creazione, solo vivere nella certezza che c’è questo disegno di cui io sono parte con il mio agire.

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