martedì 9 febbraio 2016

fede e fondamentalismo



Nel ribadire coram populo i complimenti agli articoli di riflessione filosofica che «il Vaglio» sta pubblicando, a firma di Teresa Simeone e Giovanni Barra, in una stagione di positiva fioritura di iniziative legate ad una disciplina che, usata bene, rivela di essere tutt’altro che secondaria per la comprensione del presente, vorrei svolgere qualche considerazione su un recente articolo, firmato da Giovanni Barra, che analizza i rapporti fra fede e fondamentalismo, mettendo insieme la ricorrenza del rogo bruniano e gli orrori amplificati dai media dell’Isis.
La tesi esposta è che esiste un legame inscindibile fra fede e fondamentalismo, che si regge sulla sospensione teologica dell’etica, teorizzata da Kierkegaard. La fede è “assurda”, dunque ogni “comando” divino può, in un qualunque momento, spingere il fedele, il “sottomesso”, ad infrangere le leggi umani (che fondano l’etica) e la ragione stessa. Ogni fede che deroghi da queste premesse, dice Barra in conclusione, smette di essere tale.
Il discorso svolto è molto più complesso e denso di riferimenti preziosi ad illuminare una tesi dalla quale, però, mi permetto di dissentire. Il riferimento a Kierkegaard e ad Abramo come emblema dell’uomo religioso che infrange le leggi etiche della tribù per obbedire al comando personale di Dio, che gli impone il sacrificio di Isacco, ci permette di immaginare un legame diverso, alla luce di una concezione evolutiva dell’uomo e delle discipline, tra cui la filosofia, che cercano di conoscerne il mistero. L’etica cui allude Kierkegaard è, probabilmente, quella «voce del gregge in noi» di cui scriveva Nietzsche qualche anno dopo, o l’insieme di divieti che strutturano il Super-Io di cui parla Freud. I “maestri del sospetto” ci hanno depurato non solo da false immagini di Dio (il dio “tappabuchi”, per dirla con Bonhoeffer), cosa per cui siamo loro infinitamente grati, ma anche messo in guardia da presunte morali “assolute”. Eppure il XX secolo, proprio sulle macerie dei templi ridotti a sepolcri di dèi uccisi e di “valori” rivelatisi “idola tribus”, ha suggerito un’altra idea di etica centrata sulla relazione con l’altro, che allude da sempre all’assolutamente Altro. Penso a Buber, a Lévinas, ma anche al Bonhoeffer della grande Etica, che pensa a Gesù come l’essere-per-l’altro. Per chi come me è stato marchiato a fuoco (un fuoco benefico e purificatore) dal Dio cristiano, il punto di intersezione della croce, quello dove la spinta verso l’alto e la dimensione orizzontale, quella verso l’altro, si incontrano, è il luogo genetico tanto della spiritualità quanto dell’etica. La croce è un unicum. Due sono i comandamenti: ama il tuo Dio, ama il tuo prossimo. Non c’è gerarchia tra le due cose. Gesù ha illuminato la verità di ogni “religione”, il suo “cuore sacro”: quando noi agiamo eticamente siamo in Dio. A patto di intendere quell’“eticamente” non come obbedienza acritica alla voce del gregge o a valori tribali (per quanto di tribù evolute) ma totale dedizione all’altro nel quale traspare, per specula, l’Altro. No, la “fede”, nella sua essenza depurata da incrostazioni “religiose”, non ha nulla a che fare con il fondamentalismo. Si tratta ora, ed è compito che riguarda gli uomini di buona volontà di ogni luogo della terra, di condurre a questo livello di consapevolezza evolutiva le vicende millenarie delle religioni storiche. Lo dico spesso, si parva licet, anche della nostra città: essa cambierà quando cambierà (attenzione: non sparirà!) il suo modo di vivere il cristianesimo, senza derive “magiche” o “piolatre”, come ama dire un sacerdote a me caro.
Chiudo con una provocazione. Oggi assistiamo all’orrore di una religione che mostra il suo lato mostruoso, ad un fondamentalismo che non esita ad annichilire con ferocia l’altro da sé. Quanti altri fondamentalismi esistono, più subdoli, che sacrificano alle loro divinità infere? La scienza non diventa troppo spesso essa stessa, smarrendo i confini con una tecnica prometeica, fondamentalistica? L’economia, con i suoi templi guidati da famelici lupi e i suoi oracoli snocciolati ogni minuto su megaschermi, non diventa essa stessa fondamentalista? Dunque, se le religioni storiche devono arrivare all’altezza dello Spirito, che comanda il servizio a Dio come servizio verso il prossimo, le religioni del nostro tempo non dovrebbero esse stesse essere depurate dai loro aspetti fondamentalisti?


(apparso sul Vaglio del 19.02.2015)

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