Nel ribadire coram populo i complimenti agli articoli
di riflessione filosofica che «il Vaglio» sta pubblicando, a firma di Teresa
Simeone e Giovanni Barra, in una stagione di positiva fioritura di iniziative
legate ad una disciplina che, usata bene, rivela di essere tutt’altro che
secondaria per la comprensione del presente, vorrei svolgere qualche
considerazione su un recente articolo, firmato da Giovanni Barra, che analizza
i rapporti fra fede e fondamentalismo, mettendo insieme la ricorrenza del rogo
bruniano e gli orrori amplificati dai media dell’Isis.
La tesi esposta è che
esiste un legame inscindibile fra fede e fondamentalismo, che si regge sulla
sospensione teologica dell’etica, teorizzata da Kierkegaard. La fede è
“assurda”, dunque ogni “comando” divino può, in un qualunque momento, spingere
il fedele, il “sottomesso”, ad infrangere le leggi umani (che fondano l’etica)
e la ragione stessa. Ogni fede che deroghi da queste premesse, dice Barra in
conclusione, smette di essere tale.
Il discorso svolto è
molto più complesso e denso di riferimenti preziosi ad illuminare una tesi
dalla quale, però, mi permetto di dissentire. Il riferimento a Kierkegaard e ad
Abramo come emblema dell’uomo religioso che infrange le leggi etiche della
tribù per obbedire al comando personale di Dio, che gli impone il sacrificio di
Isacco, ci permette di immaginare un legame diverso, alla luce di una
concezione evolutiva dell’uomo e delle discipline, tra cui la filosofia, che
cercano di conoscerne il mistero. L’etica cui allude Kierkegaard è,
probabilmente, quella «voce del gregge in noi» di cui scriveva Nietzsche qualche
anno dopo, o l’insieme di divieti che strutturano il Super-Io di cui parla
Freud. I “maestri del sospetto” ci hanno depurato non solo da false immagini di
Dio (il dio “tappabuchi”, per dirla con Bonhoeffer), cosa per cui siamo loro
infinitamente grati, ma anche messo in guardia da presunte morali “assolute”.
Eppure il XX secolo, proprio sulle macerie dei templi ridotti a sepolcri di dèi
uccisi e di “valori” rivelatisi “idola tribus”, ha suggerito un’altra idea di
etica centrata sulla relazione con l’altro, che allude da sempre
all’assolutamente Altro. Penso a Buber, a Lévinas, ma anche al Bonhoeffer della
grande Etica, che pensa a Gesù come
l’essere-per-l’altro. Per chi come me è stato marchiato a fuoco (un fuoco
benefico e purificatore) dal Dio cristiano, il punto di intersezione della
croce, quello dove la spinta verso l’alto e la dimensione orizzontale, quella
verso l’altro, si incontrano, è il luogo genetico tanto della spiritualità
quanto dell’etica. La croce è un unicum.
Due sono i comandamenti: ama il tuo Dio, ama il tuo prossimo. Non c’è gerarchia
tra le due cose. Gesù ha illuminato la verità di ogni “religione”, il suo
“cuore sacro”: quando noi agiamo eticamente siamo in Dio. A patto di intendere
quell’“eticamente” non come obbedienza acritica alla voce del gregge o a valori
tribali (per quanto di tribù evolute) ma totale dedizione all’altro nel quale
traspare, per specula, l’Altro. No,
la “fede”, nella sua essenza depurata da incrostazioni “religiose”, non ha
nulla a che fare con il fondamentalismo. Si tratta ora, ed è compito che
riguarda gli uomini di buona volontà di ogni luogo della terra, di condurre a
questo livello di consapevolezza evolutiva le vicende millenarie delle
religioni storiche. Lo dico spesso, si parva licet, anche della nostra città:
essa cambierà quando cambierà (attenzione: non sparirà!) il suo modo di vivere
il cristianesimo, senza derive “magiche” o “piolatre”, come ama dire un
sacerdote a me caro.
Chiudo con una
provocazione. Oggi assistiamo all’orrore di una religione che mostra il suo
lato mostruoso, ad un fondamentalismo che non esita ad annichilire con ferocia
l’altro da sé. Quanti altri fondamentalismi esistono, più subdoli, che
sacrificano alle loro divinità infere? La scienza non diventa troppo spesso
essa stessa, smarrendo i confini con una tecnica prometeica, fondamentalistica?
L’economia, con i suoi templi guidati da famelici lupi e i suoi oracoli
snocciolati ogni minuto su megaschermi, non diventa essa stessa fondamentalista?
Dunque, se le religioni storiche devono arrivare all’altezza dello Spirito, che
comanda il servizio a Dio come servizio verso il prossimo, le religioni del
nostro tempo non dovrebbero esse stesse essere depurate dai loro aspetti
fondamentalisti?
(apparso sul Vaglio
del 19.02.2015)
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