Bestie
L’uomo non è un essere
solo naturale. Ha trasceso, grazie alla cultura (in senso lato), la sua base
animale (che permane è ha le sue esigenze). «Dal dì che nozze, tribunali ed are
diero alle umane belve d’esser pietosi...» scrive Foscolo, spiegando la nascita
delle sepolture e legandole al matrimonio (abbandono della naturalità
dell’accoppiamento libero in nome di una innaturale fedeltà), la legge (che
regolamenta l’uso della forza e della violenza in maniera innaturale) ed alla
religione (che postula l’esistenza di una realtà altra, non naturale, da cui
noi dipendiamo). Quindi non è possibile rivendicare la natura come legge
assoluta solo per l’ambito alimentare. O vale per tutto o non vale mai. Nel
primo caso si approda alla filosofia nicciana (eppure Nietzsche amava gli
animali e impazzì vedendo un cavallo frustato a Torino!), nel secondo caso si
pone il problema di come regolare i rapporti con gli esseri non umani, si pone
il problema dei loro “diritti” e dei nostri “doveri”. Questione aperta e da
discutere, ma questione, appunto, etica (e politica).
Animali e contraddizioni
personali
Se vivessimo in una
civiltà superiore, si elaborerebbero cibi vegetariani adatti anche a neonati.
D’altronde esistono sulla terra civiltà vegetariane e, probabilmente, l’uomo
non nasce come animale carnivoro (come la sua dentatura dimostra). Le mie
contraddizioni personali si inseriscono (come quelle “ecologiche” in generale:
vedi uso della macchina o produzione industriale di spazzatura) nel contesto di
cui sono inevitabilmente parte. Se fossi vissuto nell’800 in Virginia o nella Roma
imperiale avrei frequentato case di amici con schiavi, pur essendo contrario
alla schiavitù, ma questo non mi avrebbe impedito di denunciare l’orrore della
schiavitù. Se non ci fosse questa contraddizione in tutto ciò che facciamo, ci
condanneremo ad essere solo figli del tempo, senza nessuna possibilità di
slancio utopico/atopico verso il futuro, che deve invece sempre ingravidare il
presente, e farlo presagire nei nostri sogni ad occhi ben aperti.
Il Regno
Gesù annunciava
l’avvento del Regno di Dio. Un passaggio eonico? Ma questo Regno è dentro di
noi, è fuori di noi o, misteriosamente, in entrambe le dimensioni? E non è
questo forse il più profondo segreto del cristianesimo gesuano, che cielo e
terra si incontrino, esterno ed interno, qui e lì, adesso e domani? «Venga il
tuo Regno»: è l’unica preghiera che riesco ancora a pronunciare. Ma cosa
significa precisamente per me? Che cosa significa che deve venire il Regno di
Dio? Lo imploro in me o nel mondo? Ed è possibile che venga nel mondo senza prima
venire in me? Ed ha un senso che venga in me senza poi venire nel mondo? Questo
il mistero da meditare in questo tempo senza preghiera: come viene il Regno? E
come ci si purifica nell’attesa del Regno? Quale vita dobbiamo condurre per
diventare degni del Regno?
Nell’insidia della
soglia
Io varco la soglia di
casa mia. Sento il calore d’inverno e la frescura d’estate. So di essere al
sicuro dal mondo. Varco la soglia al mattino. Sento il freddo pungente
d’inverno, la calura dell’estate. So di dover lottare, comunque: prima di tutto
contro me stesso, le paure che mi porto dall’infanzia, il senso di inferiorità
rispetto agli altri. La soglia è duplice per la sua reversibilità. Ringrazio il
Signore che esista questo luogo miracoloso che mi dona sfida e conforto.
Nessun commento:
Posta un commento