domenica 7 febbraio 2016

L'arte del transito XIII (Aforismi 1989-2009)



Bestie

L’uomo non è un essere solo naturale. Ha trasceso, grazie alla cultura (in senso lato), la sua base animale (che permane è ha le sue esigenze). «Dal dì che nozze, tribunali ed are diero alle umane belve d’esser pietosi...» scrive Foscolo, spiegando la nascita delle sepolture e legandole al matrimonio (abbandono della naturalità dell’accoppiamento libero in nome di una innaturale fedeltà), la legge (che regolamenta l’uso della forza e della violenza in maniera innaturale) ed alla religione (che postula l’esistenza di una realtà altra, non naturale, da cui noi dipendiamo). Quindi non è possibile rivendicare la natura come legge assoluta solo per l’ambito alimentare. O vale per tutto o non vale mai. Nel primo caso si approda alla filosofia nicciana (eppure Nietzsche amava gli animali e impazzì vedendo un cavallo frustato a Torino!), nel secondo caso si pone il problema di come regolare i rapporti con gli esseri non umani, si pone il problema dei loro “diritti” e dei nostri “doveri”. Questione aperta e da discutere, ma questione, appunto, etica (e politica).


Animali e contraddizioni personali

Se vivessimo in una civiltà superiore, si elaborerebbero cibi vegetariani adatti anche a neonati. D’altronde esistono sulla terra civiltà vegetariane e, probabilmente, l’uomo non nasce come animale carnivoro (come la sua dentatura dimostra). Le mie contraddizioni personali si inseriscono (come quelle “ecologiche” in generale: vedi uso della macchina o produzione industriale di spazzatura) nel contesto di cui sono inevitabilmente parte. Se fossi vissuto nell’800 in Virginia o nella Roma imperiale avrei frequentato case di amici con schiavi, pur essendo contrario alla schiavitù, ma questo non mi avrebbe impedito di denunciare l’orrore della schiavitù. Se non ci fosse questa contraddizione in tutto ciò che facciamo, ci condanneremo ad essere solo figli del tempo, senza nessuna possibilità di slancio utopico/atopico verso il futuro, che deve invece sempre ingravidare il presente, e farlo presagire nei nostri sogni ad occhi ben aperti.


Il Regno

Gesù annunciava l’avvento del Regno di Dio. Un passaggio eonico? Ma questo Regno è dentro di noi, è fuori di noi o, misteriosamente, in entrambe le dimensioni? E non è questo forse il più profondo segreto del cristianesimo gesuano, che cielo e terra si incontrino, esterno ed interno, qui e lì, adesso e domani? «Venga il tuo Regno»: è l’unica preghiera che riesco ancora a pronunciare. Ma cosa significa precisamente per me? Che cosa significa che deve venire il Regno di Dio? Lo imploro in me o nel mondo? Ed è possibile che venga nel mondo senza prima venire in me? Ed ha un senso che venga in me senza poi venire nel mondo? Questo il mistero da meditare in questo tempo senza preghiera: come viene il Regno? E come ci si purifica nell’attesa del Regno? Quale vita dobbiamo condurre per diventare degni del Regno?


Nell’insidia della soglia

Io varco la soglia di casa mia. Sento il calore d’inverno e la frescura d’estate. So di essere al sicuro dal mondo. Varco la soglia al mattino. Sento il freddo pungente d’inverno, la calura dell’estate. So di dover lottare, comunque: prima di tutto contro me stesso, le paure che mi porto dall’infanzia, il senso di inferiorità rispetto agli altri. La soglia è duplice per la sua reversibilità. Ringrazio il Signore che esista questo luogo miracoloso che mi dona sfida e conforto.

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