domenica 7 febbraio 2016

intervista sulla poesia



Professore, come è iniziata la passione per la poesia?

Nei turbamenti adolescenziali cercai nella poesia, confusamente e senza guide all’inizio, lenimento al tedio e alle angosce tipiche di quell’età.

Quali sono state le prime poesie che ha studiato a memoria?

A parte le classiche di Rodari e Palazzeschi alle elementari, Carducci e Pascoli.

Quando e quali sono state le prime poesie che ha scritto?

Ero all’Università, a Roma, a studiare Lettere, intorno al 1989. Scrivevo per dare un senso alla dolorosa esperienza della malattia di mia madre, scomparsa nel 1990.

Quando avverte le necessità di scriverle?

Le occasioni sono le più varie. Ad esempio, in questi giorni mi ha colpito l’immagine di un suonatore di cornamusa, durante gli scontri a Kiev, e ne ho scritto.

La sua prima pubblicazione di poesie?

A parte qualcosa uscita su riviste, il primo libro, Per aspera, è stato pubblicato dalla Delta3 nel 2013. Raccoglie una selezione delle poesie scritte in un ventennio (1990-2010).

Ha pubblicato altri libri di poesie?

No. Non sono uno scrittore prolifico, e ho comunque operato una rigorosa selezione su quanto scritto in un ventennio.

Qual è il suo stile poetico?

Domanda difficile. Diciamo che mi piace mescolare il prosaico e accensioni liriche improvvise.

Si ritiene un poeta?

Nel momento in cui si pubblica un libro è difficile poi sottrarsi alla definizione. In ogni caso, ritengo che essere poeta significhi prima di tutto un modo “altro” di vedere e ascoltare la realtà, solo secondariamente scrivere (e non necessariamente versi).

Quali sono stati i poeti che ha più amato?

Mi ha segnato molto l’opera poetica di Franco Fortini, su cui ho scritto la mia tesi di laurea. In questo momento della mia vita il poeta-faro è senz’altro René Char.

E le poesie che più le sono restate impresse?

Elenco lungo... Se dovessi dire solo un titolo, opterei per The Waste Land di T.S. Eliot, una diagnosi spietata della modernità e delle sue malattie.

A chi si ispira quando scrive poesie?

Come già detto, in questa fase Char è modello etico ed estetico. Tra i poeti italiani, mi ha molto influenzato, ma in maniera complessa, Giorgio Caproni (che di Char fu grande traduttore).

Qual è stato il poeta che più le ha trasmesso qualcosa?

Fatti salvi gli autori già citati, vorrei ricordare un poeta francese vivente, Yves Bonnefoy, la cui opera incarna la possibilità di una spiritualità assolutamente non religiosa e creaturale, molto importante per me.

Nel Sannio beneventano chi sono i poeti attuali?

Tanti. Mi piace ricordarne due in particolare: Adriana Pedicini e Sandro Pedicini (l’omonimia è casuale!).

Tra i suoi studenti, c’è stato qualcuno che si è avvicinato alla poesia?

Insegnando storia e filosofia, mi diventa difficile creare momenti dedicati alla poesia. Nei limiti, cerco di suggerire letture e di prestare loro libri per accendere il fuoco sacro.

E nel passato chi si sente di menzionare, ovviamente, come poeta sannita?

Tra i “grandi vecchi”, ancora in attività per fortuna, non è possibile non ricordare Giuseppina Bartolini Luongo e Carmelo Bonifacio Malandrino. A mio avviso Emanuele Di Donato, splendido docente precocemente scomparso, scrisse libri di gran valore.

Nella società attuale c’è ancora spazio per la poesia?

Recentemente nostro ospite, Filippo La Porta ha detto che proprio la poesia è la forma più adatta a questo tempo per l’incisività della sua comunicazione. La poesia è eterna, ovviamente, al di là delle mode.

Che cosa una poesia può trasmettere al lettore?

Un atteggiamento diverso nei confronti del reale, sospendendo la nevrosi, la rapacità, quella che Nietzsche definiva “volontà di potenza”, donando sguardo e ascolto libero, “lasciar essere”.

Del suo ultimo libro di poesie ce ne vuole parlare?

Il titolo, Per aspera, allude alle difficoltà dell’esistenza, prive, almeno in questa fase di una destinazione “siderale”, di uno sbocco positivo. È diviso in sezioni dedicate all’elaborazione del lutto per la perdita di mia madre, a vicende contemporanee, al mondo animale, alla mia inquieta ricerca spirituale e al rapporto con mia moglie e mia figlia.

Qual è stato l’ultimo libro di poesie che ha recensito?

Recensioni in senso stretto non ne scrivo. L’ultimo libro letto è, confesso, un rilettura (la quarta o quinta): Poesie e prose di Char, nell’edizione Feltrinelli tradotta da Sereni e Caproni.

Qual è stato l’ultimo libri che ha presentato?

Come dicevo, abbiamo portato a Benevento Filippo La Porta, critico militante del «Sole 24 Ore», che ha scritto un bel libro dedicato proprio alla poesia, edito da Fazi.

Cosa ha in cantiere il professore Sguera come poeta?


Nulla. Rilke mi ha insegnato che la poesia ha i tempi lunghi, lunghissimi... Ci vorranno almeno altri vent’anni perché sedimenti qualcosa che possa diventare un nuovo manufatto cartaceo.

(Intervista apparsa su «Realtà Sannita» nel febbraio 2014)

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