(Non) credo in Dio
onnipotente
La parte del Credo
niceno che non riesco a pronunciare è quella sul Dio onnipotente. Dio non è
onnipotente. L’ho imparato da Jonas e da Quinzio, anche da Bonhoeffer con toni
diversi. Creando il mondo Dio ha rinunciato alla sua onnipotenza. Dio ha
bisogno di me per redimere la creazione!
Poesia, sguardo,
ascolto
L’essere poeta è uno
sguardo diverso sul reale? Ma questo sguardo è sempre soggettivo, è come lo
sforzo tutto volontaristico di vedere le cose in un altro modo. Si resta
all’interno della metafisica (direbbe Heidegger), della scissione, se sono io
che guardo in modo diverso (restando nella centralità dello sguardo). L’ascolto
mi pone invece in una posizione non più dominante. Io agisco venendo agito.
Ascolto Dio che mi parla e gli rispondo, ascolto mia moglie e i suoi bisogni e
le rispondo, ascolto mia figlia che piange e le rispondo con un’azione, ascolto
i bisogni dei miei studenti e agisco di conseguenza. Ascolto il mondo: questa
forse è la poesia. Non sguardo ma ascolto.
Religione e
spiritualità
Se la “religione”
diventa un fine in sé rischia di essere un ostacolo, paradossalmente,
all'incontro con Dio. Allora è meglio farne a meno. Ma, nello stesso tempo, è
difficile che un esoterismo (una mistica) possano vivere galleggiando nel
nulla. Ogni esoterismo ha bisogno di un essoterismo, di una religione. L'importante
è non concentrarsi mai sul dito che indica la luna (la religione) ma sulla luna
(Dio). I "modi" ci aiutano, sono supporti, stampelle. Ma
nell'incontro reale i "modi" si annullano. Un grande sufi, un
derviscio danzante di nome Rumi, sublime poeta, scriveva che quando era ebbro
di Dio non era più musulmano o cristiano o ebreo. Nell'incontro con Dio le
differenze tra "religioni" (che hanno sul piano teologico e razionale
una loro legittimità) scompaiono: resta solo l'Amato e noi, perduti nella sua contemplazione.
L’invidia degli dèi e
degli angeli
E se la caducità
rendesse le cose più belle e assolute? Se proprio il fatto di sapere che quel
bacio non tornerà mai più, quel tramonto, quella brezza sulla pelle una sera
d'estate, quel verso cadenzato, quella melodia struggente? Se gli dei
provassero invidia perché invece sono condannati all'eternità?
Fughe
Nei momenti difficili
della vita sogneremo sempre un altrove collocato nel pre- o nel post-. Le forme
più radicali di questo altrove sono il paradiso uterino in cui vivemmo per nove
mesi e quello “religioso”, dove cantiamo con i beati o giacciamo con le
vergini. La regressioni è un bisogno incoercibile per la psiche umana. Ma il
sogno può essere solo piacevole, solo la vita vera (incarnata!) dà la felicità.
Che è sempre la fine di un percorso aspro. Per
aspera ad astra, dicevano gli antichi. Per
crucem ad lucem. Scoprirete la profonda e sofferta felicità della vita e
dell’essere adulti responsabili. Gli adulti, anche se conservano persone
vicine, sono soli perché le decisioni sono quasi sempre prese in solitudine
(quelle importanti). Archetipo di questa solitudine è l’Abramo di cui parla
Kierkegaard, che decide da solo di obbedire a Dio e sacrificare il suo unico
figlio Isacco.
Paradiso uterino
La regressione
uterina, il paradiso amniotico è, probabilmente, la più potente immagine
“utopica” che esista: annullamento dell’io, benessere, pace, silenzio... Dunque
è normale sognare di tornarvi, in forma simbolica. Quando l’uomo fa l’amore non
sta cercando anche di riaprire la porta del paradiso da cui fu cacciato?
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