mercoledì 3 febbraio 2016

L'arte del transito VIII (Aforismi 1989-2009)



(Non) credo in Dio onnipotente

La parte del Credo niceno che non riesco a pronunciare è quella sul Dio onnipotente. Dio non è onnipotente. L’ho imparato da Jonas e da Quinzio, anche da Bonhoeffer con toni diversi. Creando il mondo Dio ha rinunciato alla sua onnipotenza. Dio ha bisogno di me per redimere la creazione!


Poesia, sguardo, ascolto

L’essere poeta è uno sguardo diverso sul reale? Ma questo sguardo è sempre soggettivo, è come lo sforzo tutto volontaristico di vedere le cose in un altro modo. Si resta all’interno della metafisica (direbbe Heidegger), della scissione, se sono io che guardo in modo diverso (restando nella centralità dello sguardo). L’ascolto mi pone invece in una posizione non più dominante. Io agisco venendo agito. Ascolto Dio che mi parla e gli rispondo, ascolto mia moglie e i suoi bisogni e le rispondo, ascolto mia figlia che piange e le rispondo con un’azione, ascolto i bisogni dei miei studenti e agisco di conseguenza. Ascolto il mondo: questa forse è la poesia. Non sguardo ma ascolto.


Religione e spiritualità

Se la “religione” diventa un fine in sé rischia di essere un ostacolo, paradossalmente, all'incontro con Dio. Allora è meglio farne a meno. Ma, nello stesso tempo, è difficile che un esoterismo (una mistica) possano vivere galleggiando nel nulla. Ogni esoterismo ha bisogno di un essoterismo, di una religione. L'importante è non concentrarsi mai sul dito che indica la luna (la religione) ma sulla luna (Dio). I "modi" ci aiutano, sono supporti, stampelle. Ma nell'incontro reale i "modi" si annullano. Un grande sufi, un derviscio danzante di nome Rumi, sublime poeta, scriveva che quando era ebbro di Dio non era più musulmano o cristiano o ebreo. Nell'incontro con Dio le differenze tra "religioni" (che hanno sul piano teologico e razionale una loro legittimità) scompaiono: resta solo l'Amato e noi, perduti nella sua contemplazione.


L’invidia degli dèi e degli angeli

E se la caducità rendesse le cose più belle e assolute? Se proprio il fatto di sapere che quel bacio non tornerà mai più, quel tramonto, quella brezza sulla pelle una sera d'estate, quel verso cadenzato, quella melodia struggente? Se gli dei provassero invidia perché invece sono condannati all'eternità?


Fughe

Nei momenti difficili della vita sogneremo sempre un altrove collocato nel pre- o nel post-. Le forme più radicali di questo altrove sono il paradiso uterino in cui vivemmo per nove mesi e quello “religioso”, dove cantiamo con i beati o giacciamo con le vergini. La regressioni è un bisogno incoercibile per la psiche umana. Ma il sogno può essere solo piacevole, solo la vita vera (incarnata!) dà la felicità. Che è sempre la fine di un percorso aspro. Per aspera ad astra, dicevano gli antichi. Per crucem ad lucem. Scoprirete la profonda e sofferta felicità della vita e dell’essere adulti responsabili. Gli adulti, anche se conservano persone vicine, sono soli perché le decisioni sono quasi sempre prese in solitudine (quelle importanti). Archetipo di questa solitudine è l’Abramo di cui parla Kierkegaard, che decide da solo di obbedire a Dio e sacrificare il suo unico figlio Isacco.


Paradiso uterino


La regressione uterina, il paradiso amniotico è, probabilmente, la più potente immagine “utopica” che esista: annullamento dell’io, benessere, pace, silenzio... Dunque è normale sognare di tornarvi, in forma simbolica. Quando l’uomo fa l’amore non sta cercando anche di riaprire la porta del paradiso da cui fu cacciato?

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