Da molto tempo sono
convinto che la nostra sia una città la cui struttura profonda è, mi si
consenta la semplificazione, cattolica e contadina. Questi elementi sono,
evidentemente, complessi, ed ogni lettura riduzionistica rischia non solo di
rivelarsi incompleta ma anche foriera di scelte sbagliate, dal punto di vista
concreto, etico e politico. Se quel che scrivo è vero, necessariamente una
trasformazione strutturale di Benevento passa attraverso la ridefinizione di
questi due ambiti, in particolare attraverso una “riforma religiosa”.
Metto insieme alcuni
elementi, necessariamente incompleti, ma la mia riflessione potrebbe portare
altri ad intervenire e a complicare i punti di vista.
Qualche settimana fa, al
Collegio La Salle si è svolta una Settimana di educazione alla cittadinanza
(cui io stesso ho partecipato) chiusa da padre Alex Zanotelli, emblema di un
cristianesimo testimoniale, “de” e “per” gli ultimi, impegnato da anni nelle
battaglie per i beni comuni. Qualche giorno fa, i Focolarini hanno invitato a
dialogare Piero Coda e Vincenzo Vitiello. Il teologo ha sostenuto tesi
estremamente provocatorie, rimarcando come la dimensione “dialogica” interna
alla Trinità preluda ad una civiltà del dialogo e dell’accoglienza; il filosofo
ha aperto a tesi (quella dell’assoluta alterità di Dio) di chiara matrice
barthiana e, in genere, luterana. Fra qualche giorno si svolgerà un seminario,
organizzato da Millennivm (il cui scopo è «la rinascita dei due elementi
fondanti le comunità umane: il Popolo e la Tradizione»), dedicato a Plinio
Corrêa de Oliveira, teologo reazionario, il cui pensiero a Benevento è stato
divulgato da padre Antonio Di Monda (che ho conosciuto e frequentato, grazie a
Mario Pasquariello), la cui eredità teologica viene perpetuata dai molti discepoli
che insegnano nelle scuole e svolgono attività intellettuali. Sullo sfondo
resta, per ora, la traduzione “politica” del cattolicesimo beneventano. Cosa
ben misera appare, se osserviamo il desolante panorama emerso dalle ultime
elezioni amministrative. Ma negli ultimi anni la Chiesa ha rilanciato in grande
stile gli apparati di formazione di un nuovo ceto politico cattolico (in
particolare attraverso le Università Cattoliche), e di questo si parlerà in un
incontro previsto per il 23 marzo.
È possibile
interpretare questi dati? A me pare, e lo dico non da semplice osservatore, ma
sentendomi certo non cattolico, forse neanche cristiano ma sicuramente
“gesuano”, e, dunque, in qualche modo, titolato a parlare “dall’interno” di un
processo di revisione critica dell’identità comunitaria originaria, a me pare,
dicevo che sia in atto uno scontro importante tra due visioni entrambe
“estreme” del cattolicesimo, tra le quali si colloca la consueta “palude” delle
anime pie, dei piolatri, degli acquiescenti, dei farisei. C’è una Benevento
cattolica, più realista del re, che legge ancora De Maistre e se ne entusiasma,
una Benevento senz’altro “docta”, ma anche “assolutista”, priva di dubbi, in
una parola: integralista. Una di queste persone (ma è ovvio che non sto generalizzando),
a me che gli facevo notare che Gesù era ebreo, lasciandomi letteralmente senza
parole, una volta mi disse che per lui il cattolicesimo era la religione
ariana… Fabrizio De Andrè di loro scrisse ne Il testamento di Tito: «Lo
sanno a memoria il diritto divino, e scordano sempre il
perdono». C’è un’altra Benevento, che negli anni passati io ho ammirato
soprattutto in persone come Domenica Zanin. Grazie a sacerdoti coraggiosi come
don Salvatore Soreca questo cattolicesimo può finalmente mettere radici,
sostituendo alle parole della “verità” quelle della “carità”, alle certezze
dogmatiche le contaminazioni e le aperture. Ovviamente, questo è il mio
auspicio. Se ciò accadrà, se la “religione”, ritrovando il suo nucleo
spirituale, tornerà a “rilegare” una comunità non chiusa ma accogliente, dischiusa
all’alterità, tutta la nostra città ne sarà ravvivata, trasfigurata.
Jehosua Ben Joseph, lo straordinario predicatore contadino che
annunciava l’imminenza del regno di Dio, nel linguaggio della sua formazione lo
paragonava al granello di senapa. Il cristianesimo, se vissuto integralmente
(non integralisticamente!) può essere il motore di una trasformazione radicale
delle persone e delle comunità. Soprattutto in una realtà come la nostra.
(Apparso su «Il Vaglio» nel marzo 2012)
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