Il mio primo romanzo editato... Inutile nascondere l’emozione, il senso di un nuovo inizio che segue una cesura (esistenziale), i cui momenti emblematici considero la fine della scuola come luogo di realizzazione fondamentale e la partenza di Caterina per Roma. È come se la scrittura di storie, prive di qualunque supporto teorico, sia stato il modo per elaborare questo “passaggio”. Mi rendo conto che la mia vita psicologica è assai semplice: alcune parole ritornano in tutte le stagioni. Ad esempio, “passaggio” o “soglia”. Ricordo una poesia che mi piaceva molto di Hesse (autore che ho voluto rileggere quest’estate, dopo oltre quarant’anni…). Si chiamava Gradini. Diverso fu il senso della scrittura, diaristica e poetica, quando si trattò di fare i conti con la perdita di mia madre (mi rendo sempre più conto di come il tempo sbiadisca i contorni, forse per questo ringrazio Dio di avermi concesso di lasciare tracce scritte di ciò che accadde una volta e, dunque, per sempre). Ora ritorna, sorgivo, il piacere di abbandonarmi ai voli fantastici. Per certi versi, mi sento il bambino che nella sua stanza raggiungeva vette di beatitudine. Quando scrivo ritorna il fortino di legno, la gru, la scatola di Dixan con i soldatini di plastica. E gli spillati della Corno. Torna, certo, con la consapevolezza di un adulto che ha vissuto perdite, catastrofi, amori, che ha letto libri, che ha perso e ritrovato un Dio sempre metamorfico e che, in fondo, è il tema di tutto quel che vado scrivendo. Dio che ringrazio ogni giorno, in questo tempo di grazia, per i doni copiosi.
Non so cosa accadrà. Io ho fatto il meglio che potevo. Talvolta, penso di essere stato un folle a scrivere un romanzo storico che parla (anche) di Gesù. Altre volte, rileggendone dei passi, penso che, in fondo, dovevo farlo per chiudere riflessioni che mi hanno preso per anni.
La prefazione del prof. Cesaretti mi conforta. Un grande studioso mi ha promosso. La cosa mi dà da sperare. Ora mi affido al giudizio più importante: quello dei lettori, che non saranno più i pochi, fidati amici che hanno letto le mie poesie e i miei saggi.
Io continuerò a scrivere. In questo momento è davvero l’unica esperienza (al netto di quelle affettive) che mi dà un senso di pienezza, quella che provavo, appunto, da piccolo, giocando preferibilmente da solo. È un illusione demiurgica? Sentirmi “creatore” di mondo, plasmatore di realtà (alternative)? Ci rifletterò. In futuro, quando questo fiume in piena che da marzo scorso ha iniziato a scorrere in me, liberatomi (per fortuna!) da tediose figure che immiserivano la mia vita, si placherà, cercherò (ma già ho iniziato) a ragionare, a “studiare”. Per ora, mi godo questa fase naïf e gioiosa.
P.S.
Il romanzo è già ordinabile presso la casa editrice.
Dal 30 sarà su tutte le piattaforme (Ibs et cetera) e nelle librerie.

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