Spezzare il pane
Gesù spezzava il pane.
Da questo lo riconoscono i discepoli. Parlare di lui lo rende presente. Ma oggi
cosa significa “spezzare il pane”? Al di là di ciò che ci dice la teologia
sulla transustanziazione (che è un’idea profonda in sé ma forse non era nelle
intenzioni di Gesù), “spezzare il pane” significa vivere un momento profondo di
condivisione. Gesù lo fa con i suoi amici, i quali, come testimoniano gli Atti, andavano al tempio (cioè
praticavano il culto ebraico ortodosso) e, a casa, spezzavano il pane. Cosa
rimane di quest’atto così umano nel freddo rituale con il quale noi riceviamo
un cerchietto di pane azzimo, fatto industrialmente, in luoghi “freddi” emotivamente?
Mi sento più in comunione quando sono con la mia famiglia o con alcuni amici…
Della Messa odierna per me è molto più importante la lettura della Parola che
l’Eucaristia, che invece dovrebbe essere un momento di reale “comunione” con i
fratelli, e dunque con Dio, che nel pane (pane vero!) condiviso si farebbe
presente. Ma allora era pane vero e fame vera! Quando Gesù moltiplica i pani,
nell’ultima cena, ad Emmaus: i presenti hanno fame, fame vera, sono stanchi per
un viaggio, devono festeggiare qualcosa. Ma era un banchetto non simbolico.
Quale sarebbe il corrispettivo di quello “spezzare il pane insieme”? Quale
sarebbe la “forma” odierna adeguata a quel gesto? Non credo che Gesù volesse
istituire un rito di quel tipo ma solo dare un’indicazione di cosa significhi
vivere in comunione. Quello è un gesto possibile, uno dei tanti. Sia chiaro: il
cristianesimo è la religione per la quale – più di ogni altra – non ha senso
ricercare la purezza delle intenzioni originarie. Di chi? Di Gesù, degli
apostoli (quali? Pietro o Giacomo o Giovanni), di Paolo… Il cristianesimo
proprio perché ha al suo centro il mistero dell’incarnazione di Dio accetta di
entrare nella storia, che non segue disegni prefissati ma è plasmata dalla
libera azione (prima di tutto: l’interpretazione) dell’uomo. Dunque non mi
interessa immaginare cosa realmente
Gesù volesse fare (domanda priva di senso). Mi interesserebbe però immaginare
delle alternative vivificanti, che non finiscano con l’avere un mero valore
simbolico. Immaginare una ritualità adatta a questo tempo che dia una forma
nuova a quello stesso contenuto, in cui ci sia la stessa vita vera dell’ultima
cena, una cena tra amici. Le prime comunità a Gerusalemme vivevano da buoni
ebrei e, in più, spezzavano il pane insieme. Quindi cenavano insieme, visto che
tutto era in comune. Non era un rito! Era un modo di vivere in comunione di
beni e di esperienze. Come riproporre questa radicalità oggi?
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