Sono interista perché conosco la polvere della
sconfitta più cocente.
Sono interista perché conosco il profumo
inebriante della vittoria più grande.
Sono interista perché non avrei potuto essere
altro, calcisticamente e umanamente.
Sono interista perché sono fedele, nella buona
e nella cattiva sorte.
Sono interista perché senza l’Inter la mia vita
sarebbe stata altra.
Sono interista perché ogni partita è una
lezione di vita.
Sono interista perché in me, accanto a tanta
fragilità, c’è una vena di follia e di genialità.
Sono interista, e mi spiace per chi «la mia
squadra (o il mio sport!) è differente».
Sono interista perché sono leale, perché vinco
e perdo con le mie forze.
Sono interista perché mi piace soffrire ma
anche gioire (e non capire la differenza fra l’una e l’altra cosa).
Sono interista perché scrivo queste parole
senza sapere com’è andata a finire.
Sono interista perché l’ultimo quarto d’ora di
Barcellona-Inter lo trascorsi nel cortile di casa, aspettando di sentire una
sirena suonare o di vedere una nave solcare l’orizzonte con le vele bianche.
Sono interista perché so trattare trionfo e
rovina come i due impostori che sono.
Sono interista perché... Facchetti, Matthaus,
Zanetti: mai domi seppur sconfitti, vincitori morali sempre.
Sono interista perché questa poesia potrebbe
continuare all’infinito, se ogni interista ne scrivesse un verso.
2 marzo
2016 (ore 23,31)
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