lunedì 7 marzo 2016

La prima radice


Ai più la città evoca un’enorme prigione
dove la muffa cresce su mura
e su vecchie signore.
Ci si lamenta delle associazioni
benefiche per nullafacenti,
dei luoghi di ritrovo per l’ultima
generazione perduta
Un luogo fuori dal tempo.
Pochi monumenti a puntellare
la storia, a ricordarci la gloria,
il servaggio e poi la quiete all’ombra dei papi.
Giorno per giorno le mura, i volti,
scavano a fondo nella memoria avida.

Amo le tue pianure un tempo coltivate a tabacco,
l’erba medica, le spighe di grano,
la voce delle strade accoglienti,
amo in te il bambino che ha liso le pietre,
salendo e scendendo la rampa di Porta Rufina.

I gesti si ripetono uguali ogni giorno,
la storia arriva come in sogno.
Un genio maligno invita al sonno, all’oblio
dei gesti e troppi silenti obbediscono.

Che possa, insieme ad altri, imperfetti
ma grati, alla città-madre
ridare una parte del bene
che n’ebbi, filialmente.


(1997-2016)

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