domenica 20 marzo 2016

Diario politico 02 (Chi vota M5S a Benevento)


Provo ad abbozzare un tentativo di analisi sociologica del voto prossimo venturo.
A mio avviso, l’elettorato cittadino che si orienterà sulla coalizione di centro-sinistra o su Mastella, pur tenendo conto del voto “controllato” (attraverso meccanismi perversi ma purtroppo ineliminabili: penso a molti medici, a molti avvocati, a molti imprenditori con i loro pazienti, clienti, dipendenti) raccolga un ceto medio-alto che controlla in buona parte l’economia cittadina per quanto asfittica. L’assoluta permeabilità dei due raggruppamenti, per cui nel corso di questi alcuni “grandi elettori” sono transitati dall’una all’altra compagine (per altro alleata a Benevento nell’esperienza Nardone alla Rocca e in parte della prima Giunta Pepe) ci dice che non siamo di fronte a due blocchi sociali diversi e portatori di interessi contrapposti. Come gli eligendi sono ceto politico semi-professionale, “casta” (o aspirante tale), così gli elettori non incarnano “interessi” diversi né sono portatori di progettualità diverse. Le differenziazioni avverranno solo sul piano dialettico, saranno legate alla contingenza della polemica politica spicciola. D’altronde, né gli uni né gli altri paiono aver investito molto sull’elaborazione di seri programmi di governo della città. Mentre il “centro-sinistra” conta sulla mobilitazione delle proprie liste, Mastella conta sulla sua storia politica, sull’essere (stato) un leader nazionale, capace di decidere le sorti dei governi.

L’unica vera novità appare, dunque, il MoVimento Cinque Stelle. Facciamo un passo indietro. Fino al 2011 ha retto la contrapposizione destra-sinistra che faticosamente si è strutturata negli anni Novanta, dopo le elezioni del 1993 (che potevano far presagire anche altre possibilità, inesperite). Nel 2001, invece, la candidatura di Tibaldi (storicamente socialista) con il centro-destra e l’alleanza Viespoli, Nardone, Mastella ha mostrato come oramai fossimo già al di là della storia del Novecento. In quella circostanza ci fu anche una piccola lista “testimoniale” che teneva dentro pezzi di “sinistra radicale” (la definiamo così per comodità) e pezzi del MoVimento Cinque Stelle che si stava strutturando in città. Arriviamo all’oggi. Chi voterà per il M5S? A mio avviso ci sono due elettorati abbastanza disomogenei. Potremmo dire che c’è un elettorato “di pancia”, che in un tempo di crisi diffusa, particolarmente avvertita a Benevento con la riduzione della presenza dello Stato (e del suo indotto) e la crisi della filiera del tabacco (senza che venisse sostituita da altro), addita nella “casta” e nello sperpero di risorse pubbliche (o nella loro appropriazione) la causa principale del problema. C’è poi un ceto medio (di impiegati e professionisti in particolare) che, pur anelando anch’esso ad una maggiore correttezza nell’uso delle risorse e guardando con simpatia a chi pronunzia parole d’ordine come onestà e trasparenza, pare più interessato ad altre parole d’ordine del M5S. Per esempio quelle che si ritrovano nella “Carta di Firenze”, e pensano una mobilità diversa, una città a misura d’uomo, vecchio e bambino, evocano la “decrescita conviviale”. Sono anime che spesso stentano a comunicare tra loro. Anche a livello locale è leggibile una sorta di giustapposizione che ancora non trova sintesi. La sfida del MoVimento 5 Stelle, dunque, nei prossimi mesi è far dialogare queste due anime, che hanno in comune l’esclusione storica dalla “stanza dei bottoni” (che hanno sempre delegato ad altri in passato). Se queste due componenti della società beneventana (e i loro portavoce, nei quali si riproduce il dualismo da sanare) entreranno a Palazzo Mosti ci troveremo di fronte ad una piccola rivoluzione politica. Per la quale, come già detto, io ho intenzione di impegnarmi in prima persona, conscio dei rischi e delle difficoltà.

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