sabato 12 marzo 2016

madre dal cuore atomico (1990)



Shiva, dio della danza. Creazione e dissoluzione del cosmo al ritmo della danza.

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«Il sacro fa paura. Ma anche la sua assenza, anche il mondo dissacrato, senza regole, senza divieti. Bisogna eleggere quel che consola di più. L’intelligenza isolata (dal cuore), quando non genera inferni, può essere al massimo capace di analizzarli; non può innalzare una barriera di frescura contro il dolore» (Ceronetti).

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Ho finalmente ripreso in mano Schopenhauer per iniziare ad esorcizzare quel pensiero negativo che mi accompagna da quando ho iniziato a pensare con la mia testa, facendo diventare convincimenti quella che era solo la mia pigrizia, la mia incapacità di vivere. Non che ora mi sia convinto che la vita sia bella, ma ho solo capito che è talmente breve che comunque vale la pena di viverla, con tutte le gioie e tutti i dolori. È inutile continuare ad accusare un dio che non cè. Non cè e basta: è il desiderio delluomo di dare un senso allesistenza e al dolore, il desiderio che non tutto vada perduto. La morte è sempre vicina: è inutile urlare e maledire. Viviamo, fin quando ci è data questa possibilità, anche se alla fine a nulla sarà servito. Non importa. Siamo piccoli uomini: amiamoci, aiutiamoci, per morire con un sorriso.

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La tragica sensazione di vuoto di Dio ora la vivo come certezza, e ciò non mi fa più male. Ma non ho sostituito quella presenza con un’altra altrettanto forte.

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Scrivere per non dimenticare. Noi siamo una memoria dolorosa, una ferita che, mio signore, non è mai guarita. Ma dimenticare... non è un dolore: è un tormento che ci sveglia di notte.

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Forse un giorno romperò il cerchio, ma sarà in nome di un altro cerchio, forse più angusto. In ogni caso non sarà una vittoria ma un semplice ripiegamento, una comodità più conveniente. Sì, perché alla fine, diciamo la verità, non è che questo: la comodità. Quanta gente ha sacrificato la felicità propria alla comodità? Io, tra questi. Perché vivere è difficile: vivere.

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La morte: vorrei fosse pacifico pensare ai morti che si sono dissolti nell’aria che noi respiriamo ogni giorno. Ma è più realistico pensarli sigillati nelle loro bare, muti per sempre ai nostri cuori induriti.

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Contano solo i vivi, le loro parole, le loro risate, l’aiuto che ci possono dare nelle nostre difficoltà. I morti sono inutili. Noi saremo inutili, e forse qualcuno, un giorno, con la spina del mio volto disfatto nel cervello, scriverà le stesse parole e poi tornerà a ridere con gli amici.

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Vorrei avere un compito grande da adempiere, per morire felice.

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Forse il compito grande è scoprire l’armonia al di là del caos, dare forma all’informe, dare vita alle cose morte.

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Rinascita, parola antica: ancora il marchio. Forse è questa stessa illusione di una vita nuova, di un attimo che cancella il passato, o meglio lo inserisce in un disegno più grande, che oscura la positività del quotidiano. L’attesa spasmodica di un evento giustifica ogni sbaglio dell’oggi: «tanto quel giorno io sarò un altro uomo...». E quel giorno, lo sai, non verrà mai, o meglio, è sempre ora.

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La civiltà occidentale alle soglie del terzo millennio ha orrore del vuoto. Non esistono pause di riflessione: lavoro, studio, giornali, musica, film, televisione... Riflettere su che cosa? Il mondo è complesso, bisogna cavalcare sempre l’onda montante. Per riflettere non ci restano che la notte e i sogni....

(Da Storia della mia conversione)

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