venerdì 11 marzo 2016

Descendens de monte...



Pregavo nelle veglie notturne,
illuso che qualcuno ascoltasse.
E invece non era Nessuno.

Ringraziavo per i doni
del giorno, per il pane e la luna.
Invano.

Dio morto.
Per fortuna.
Era un altro fantasma,
un feticcio della mia fantasia
di bambino pauroso.

Benedico, ora, ogni cosa:
non solo, come ovvio, una rosa
sul giardino di casa ma il dolore
degli arti, i rovesci del tempo,
mia moglie e i suoi affanni.

Volti e cose, la loro imperfetta
bellezza, sono il “tu” cui aspiravo.
Dio risorge. Non altro
dalla fatica gioiosa d’esistere.

Non fuggo. Abito
l’attimo, la sua compiutezza.
Ascolto il fluire del sangue
nelle vene, assaporo, insonne,
mia figlia che dorme, quieta.


Benevento, 22 settembre 2013

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