La candidatura di Clemente Mastella, abilmente preparata con una serie di operazioni
di marketing elettorale (il concerto con Gigi D’Alessio, la donazione alla
Moscati da parte dell’amico Della Valle) appare la mossa di un politico scafato
rimasto fuori dalle stanze del potere, che vede nella sindacatura di una città (“piccola” ma strategica nel suo quarantennale sistema di potere) la possibilità
di un rilancio in grande stile. Mi pare questa la prima considerazione di
rilievo. In tutti gli interventi pubblici (ultima l’intervista cui farò
riferimento di Pierluigi Melillo) grande spazio è riservato al panorama
politico nazionale che vede, nella dissoluzione del centro-destra l’emergere di
una destra “lepenista” (egemonizzata da Salvini, attaccato con veemenza non a
caso), e, di contro, la possibilità di ricreare, con Forza Italia e UDC, una
forza moderata, “centrista”.
La suggestione, suggerita da Mastella, è dunque
Benevento come laboratorio politico di un nuovo polo moderato. Sottolineo da
subito che proprio questa proiezione del locale sul nazionale mi pare punto di
estrema fragilità della strategia mastelliana, che per altro fa il paio con la
scarsissima conoscenza dei problemi della città e degli attori che la popolano. Insomma, Benevento per lui appare solo come un trampolino di (ri)lancio (e questo giustifica, come vedremo, la pressoché totale ignoranza di persone e situazioni, in virtù del quale egli preferirà evitare il confronto diretto con i competitor).
Il secondo elemento di rilievo è il
ribaltamento dell’accusa mossagli di essere cariatide della politica. Basta
guardare all’America, dice, per vedere come tutti i politici “di razza” abbiano
la sua età. Purtroppo, fu lui stesso svariati anni fa, ad invitare il suo ex
mentore, Ciriaco De Mita, a pensionarsi per raggiunti limiti di età.
La questione anagrafica ritorna nel tentativo
di legittimarsi come una figura rassicurante (il “nonno”) che, con fare
pedagogico (memore dei suoi, per altro brevissimi, trascorsi di insegnante),
educa le giovani generazioni a vedere la politica non solo come corruzione e
marciume (altrimenti le si consegna al M5S, all’antipolitica) ma come nobile
attività.
En passant, al giornalista che chiedeva del
rapporto con Nunzia De Girolamo, asperrimo negli anni passati, Mastella ha
risfoderato la parola d’ordine di queste elezioni: l’amore. Per amore della
“sua” città ha deciso di candidarsi, per amore della città mette da parte
l’antico conflitto con la (nuovamente) plenipotenziaria berlusconiana sul suolo
sannita.
In realtà, ad ascoltare bene, le motivazioni
della discesa in campo sono ben altre: destinata Benevento a finire in mano ai
Cinque Stelle, a causa della pessima gestione del centrosinistra (e apparendo
complicato il tentativo di Del Vecchio di essere discontinuo da se stesso), si
sono aperti degli spazi di agibilità politica da sfruttare.
Benevento non è città felice, anche a causa di
una crisi economica globale. Urge tornare alla normalità, anche dopo
l’emergenza alluvione (rispetto a cui solo lui ha “agito”). Proprio in questo
passaggio, in cui infila la boutade di un assessorato “al futuro” (che mi
appare come la più drammatica spia di un rimanere letteralmente nel vecchio
secolo), Mastella mostra tutta la pochezza della sua proposta, che ignora la comunità che vorrebbe amministrare. Nell’elencare, infatti, le
aziende danneggiate dall’alluvione cita ovviamente Rummo e la Metalplex e...
«quello dei semi».
L’impressione avuta è quella di un atleta abituato a grandi
palcoscenici il quale, ridottosi a fine carriera a piazze minori, pensa di
sopravvivere senza impegnarsi, adagiandosi su “allori” passati. A completare il
quadro di una candidatura “casareccia” la temibile minaccia di una campagna
elettorale “casa-casa”, anche con inviti a pranzo (che potrebbero dare il
destro alla più abusata satira sul politico, soprattutto democristiano,
“forchettone”).
L’intervista si chiude con il cavallo di
battaglia “gentista”: la rinunzia allo stipendio da Sindaco. Che sarebbe una
cosa bellissima se non sapessimo che Mastella, per il suoi trascorsi politici,
ogni mese riceve un corposissimo indennizzo che sarebbe interessante
quantificare (eventualmente sommandolo a quello della moglie Sandra Lonardo).
Ultima questione. Secondo Mastella il M5S non è in grado di amministrare perché la politica ha le sue regole. Insomma, viene ripetuta la contrapposizione fra il “dilettante” mosso da buona volontà che quando arriva nella stanza del potere fa danni e il professionista della politica. A mio avviso, come già scritto, qui si sta giocando buona parte della transizione fra il paradigma politico novecentesco (di destra, centro e sinistra) e quello post-novecentesco. Il “volontario” (per citare Marco Revelli) o l’“attivista” non sono dilettanti ma cittadini attivi che, pro tempore, si dedicano al bene comune per poi tornare al loro lavoro o al loro studio. L’esatto opposto di un uomo che, dopo un brevissimo periodo di insegnamento e giornalismo in RAI (ottenuto per via politica) ha fatto della politica il proprio lavoro. Sarebbe interessante discutere con Mastella la questione dal punto di vista filosofico. Non è detto che non accada un giorno. Per quanto mi riguarda, votare M5S non significa votare “contro” ma votare per un’altra politica e votare programmi di governo pensati da cittadini in ascolto di altri cittadini, capaci di mobilitare risorse e professionalità mortificate dalla politica “come professione”.
P.S,
Ultima questione. Secondo Mastella il M5S non è in grado di amministrare perché la politica ha le sue regole. Insomma, viene ripetuta la contrapposizione fra il “dilettante” mosso da buona volontà che quando arriva nella stanza del potere fa danni e il professionista della politica. A mio avviso, come già scritto, qui si sta giocando buona parte della transizione fra il paradigma politico novecentesco (di destra, centro e sinistra) e quello post-novecentesco. Il “volontario” (per citare Marco Revelli) o l’“attivista” non sono dilettanti ma cittadini attivi che, pro tempore, si dedicano al bene comune per poi tornare al loro lavoro o al loro studio. L’esatto opposto di un uomo che, dopo un brevissimo periodo di insegnamento e giornalismo in RAI (ottenuto per via politica) ha fatto della politica il proprio lavoro. Sarebbe interessante discutere con Mastella la questione dal punto di vista filosofico. Non è detto che non accada un giorno. Per quanto mi riguarda, votare M5S non significa votare “contro” ma votare per un’altra politica e votare programmi di governo pensati da cittadini in ascolto di altri cittadini, capaci di mobilitare risorse e professionalità mortificate dalla politica “come professione”.
P.S,
Sarebbe bello che i giornalisti facessero, a
tutti i candidati, anche domande che li mettano un po’ in difficoltà.
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