30. A lettere di mazzacane
1) Uscire dal M5S non
significa collocarsi in un altrove che semplicemente non esiste, almeno per me. L’Italia è il paese delle “tre destre” (Montanari).
2) Se proprio dovessi
utilizzare categorie usuali mi definirei un “populista di sinistra”. In Italia,
dunque, oggi senza nessuna casa politica, neanche in costruzione.
3) Il M5S avrebbe potuto
continuare a perseguire il disegno di un movimento post-ideologico solo a patto
di perseguire, contestualmente, l’ambizione di governare da solo, tenendo al
proprio interno varie anime. Questa ambizione è venuta meno con la nascita di
un governo chiaramente orientato. A destra.
4) Il M5S non è una setta.
Non lo penso e credo che non lo penserò mai. Le mie critiche (argomentate)
riguardano altro. La “fede” che anima gli attivisti (me compreso) non è
necessariamente elemento negativo se temperato da autonomia di giudizio e
capacità di discernimento.
5) Il M5S ha svolto una
funzione positiva nel mettere in discussione le narrazioni dominanti e che,
politicamente, si sono incarnate, senza soluzione di continuità negli aspetti
decisivi, nei governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Ha messo in agenda
grandi tematiche: il reddito di cittadinanza su tutte. Ha contribuito a
diffondere una coscienza ecologista e attenta alle tematiche ambientali. Ha
posto il problema della democrazia digitale.
Tutto questo rimane valido e da farsi. Temo che
non lo sarà da questo governo e dal M5S che ha imboccato un percorso
involutivo, bruciando potenzialità che aveva al proprio interno in nome della
necessità storica di entrare nella “stanza dei bottoni”.
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