mercoledì 13 giugno 2018

Frantumi III



Secondo Aristotele una solida “classe media” è argine a derive demagogiche. Possibile applicare questo schema al presente? Il successo del “populismo” pentaleghista può essere letto come conseguenza politica della erosione, soprattutto nel Sud, delle sicurezze di una classe sempre più esposta ai venti della globalizzazione e della governance sovranazionale?


Il Sud ha votato in massa il M5S. Il Nord è saldamente leghista. Un’analisi sociale delle due Italie ci fa capire immediatamente che si tratta di storie diverse. Com’è possibile che esse si saldino, attraverso le loro rappresentanze politiche pur nella consapevolezza di priorità ed interessi diversi se non opposti? Da questo punto di vista è, dunque, decisivo l’uso delle parole e delle immagini, dunque la propaganda: «A prescindere dall’appello al popolo e all’unità del corpo politico, il potere populista è un movimento che riposa sull’uso astuto delle parole, delle immagini e dei media (del mondo simbolico) con l’intento di fare convergere le preferenze dei molti su politiche che non sono necessariamente nel loro interesse, anche se presentate in modo da sembrare tali» (AA.VV., La sfida populista, Feltrinelli, 2018).


Per me che venivo dalla storia di una sinistra “radicale” che era rimasta marginale e ininfluente non per la sua radicalità ma, al contrario, per la sua tendenza endemica all’accordo con forze di sinistra sempre più pallide nelle loro battaglie sociali, divenendo stampella di politiche di precarizzazione lib-lab avviatesi negli anni Novanta, uno degli aspetti più fascinosi del “grillismo” era la radicalità delle posizioni. La rivendicazione di una rottura totale e senza compromessi con la “vecchia” politica mi sembrava una novità degna di rispetto e considerazione. La Rete conserva affermazioni non interpretabili, in particolare del “padre” Grillo, le ultime delle quali risalgono ai primi mesi del 2018. Al di là dell’escamotage linguistico, buono per i gonzi (il “contratto”), la delusione che ho provato nel maggio 2018 è quella di chi vede tradito un progetto che possiamo definire se non rivoluzionario innovativo, di grande rottura. E in nome di cosa? Dunque, cosa posso dire di aver imparato dalla mia esperienza? A non fare compromessi. Col senno di poi l’accordo/contratto con la Lega è stato solo il compimento di una metamorfosi rapida del Movimento 5 Stelle, che ha potuto usufruire di un “corpo” (mistico?) di attivisti estremamente fidelizzato e poco propenso alla critica (fatti salvi sparuti e ininfluenti gruppi).

P.S.

Qualche giorno fa Marco Morosini mi ha scritto. Mi ha fatto molto piacere. Qui le sue riflessioni su quanto sta accadendo nel M5S.





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