lunedì 4 giugno 2018

il luogo oscuro



«Cecità è vivere in un mondo dove non vi sia più speranza»
(José Saramago)


Ancora reperibile in edicola, il «Dylan Dog Magazine» (Sergio Bonelli Editore, aprile 2018) presenta molte pagine dedicate ad aspetti particolari della filmografia horror e due fumetti inediti (il secondo, Il vuoto, disegnato da Bacilieri, è una coda del primo).
Il luogo oscuro, sceneggiato da Alberto Ostini e disegnato da Giulio Camagni, immagina che in una piccola cittadina inglese (Wickedford), tratteggiata nelle prime tavole come luogo idillico di resistenza “comunitaria”, arrivino tredici profughi con diritto d’asilo. La semplice presenza di questi “homines sacri” scatena le peggiori pulsioni che già incubavano in quel microcosmo di provincia. Improvvisamente, a mo’ di epidemia (che ricorda evidentemente il Saramago di Cecità secondo il modello “citazionistico” postmoderno imposto dal magistero del creatore di Dylan, Tiziano Sclavi), molti cittadini e lo stesso Dylan Dog diventano inspiegabilmente ciechi. 
In una città isolata dal resto del mondo (chi cerca di raggiungere altri luoghi misteriosamente torna al punto di partenza, i telefoni non funzionano) iniziano ad accadere eventi orribili: ad esempio, una giovane viene violentata.
Veniamo a sapere, intanto, della tragica storia di una bambina che ha assistito all’efferato omicidio del padre da parte dei miliziani, alla violenza subita dalla sorella, poi suicida, chiudendosi nel mutismo assoluto (rotto solo nell’ultima vignetta della storia). Ma Dylan si tappa le orecchie per non ascoltare questa tragica vicenda. 
O ascoltiamo la storia della responsabile dell’associazione umanitaria che ha in cura i tredici profughi, di cui il protagonista (come sempre!) si innamora, salvo scoprire che Nîstman ha una compagna impegnata con la resistenza nel suo paese. 
Con una delle consuete trovate ereditate da Sclavi, gli autori fanno scorrere dentro il testo la storia parallela, contenuta in un fumetto letto dalla bambina, i cui protagonisti sono una bambina, appunto, un drago buono e famelici lupi dalle bocche fiammeggianti in un mondo fiabesco.
Tra i cittadini si diffonde la persuasione che tutto sia riconducibile all’arrivo dei profughi, addirittura quando vanno per scacciarli dal vecchio stabile in cui sono accampati gli ennesimi episodi di cecità (che per altro danno stura ad antichi rancori tra compaesani risolti in maniera cruenta) fanno nascere la certezza che ci siano streghe tra di essi che vanno bruciate. Dylan Dog, malgrado la cecità, l’ispettore Bloch, in pensione, e la sua compagna, Penelope (unica che pare immune dal “contagio” xenofobo) cercano di fermare la folla inferocita... 
Mi fermo qui. Sarebbe scorretto raccontare il finale...
Cosa ci dice (soprattutto oggi) questa breve storia? La cecità cui vogliamo volontariamente condannarci. “Il luogo oscuro” del titolo, dunque, è dentro di noi, abitato da lupi solo all’apparenza ammansiti dal benessere ma pronti a lasciar riemergere, senza più freni inibitori, la propria natura ferina ed egoista.


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