«Cecità è vivere in un mondo dove non vi sia più speranza»
(José Saramago)
Ancora reperibile in edicola, il «Dylan Dog Magazine» (Sergio
Bonelli Editore, aprile 2018) presenta molte pagine dedicate ad aspetti
particolari della filmografia horror e due fumetti inediti (il secondo, Il vuoto, disegnato da Bacilieri, è una coda del primo).
Il luogo oscuro, sceneggiato da Alberto Ostini e disegnato
da Giulio Camagni, immagina che in una piccola cittadina inglese (Wickedford),
tratteggiata nelle prime tavole come luogo idillico di resistenza “comunitaria”,
arrivino tredici profughi con diritto d’asilo. La semplice presenza di questi “homines
sacri” scatena le peggiori pulsioni che già incubavano in quel microcosmo di
provincia. Improvvisamente, a mo’ di epidemia (che ricorda evidentemente il
Saramago di Cecità secondo il modello
“citazionistico” postmoderno imposto dal magistero del creatore di Dylan, Tiziano Sclavi),
molti cittadini e lo stesso Dylan Dog diventano inspiegabilmente ciechi.
In una città isolata dal resto del mondo (chi cerca di raggiungere altri luoghi misteriosamente torna al punto di partenza, i telefoni non funzionano) iniziano ad accadere eventi orribili: ad esempio, una giovane viene violentata.
In una città isolata dal resto del mondo (chi cerca di raggiungere altri luoghi misteriosamente torna al punto di partenza, i telefoni non funzionano) iniziano ad accadere eventi orribili: ad esempio, una giovane viene violentata.
Veniamo a sapere, intanto, della tragica storia di una
bambina che ha assistito all’efferato omicidio del padre da parte dei miliziani, alla
violenza subita dalla sorella, poi suicida, chiudendosi nel mutismo assoluto
(rotto solo nell’ultima vignetta della storia). Ma Dylan si tappa le orecchie
per non ascoltare questa tragica vicenda.
O ascoltiamo la storia della
responsabile dell’associazione umanitaria che ha in cura i tredici profughi, di
cui il protagonista (come sempre!) si innamora, salvo scoprire che Nîstman ha una
compagna impegnata con la resistenza nel suo paese.
Con una delle consuete
trovate ereditate da Sclavi, gli autori fanno scorrere dentro il testo la
storia parallela, contenuta in un fumetto letto dalla bambina, i cui
protagonisti sono una bambina, appunto, un drago buono e famelici lupi dalle bocche fiammeggianti in un
mondo fiabesco.
Tra i cittadini si diffonde la persuasione che tutto sia
riconducibile all’arrivo dei profughi, addirittura quando vanno per scacciarli
dal vecchio stabile in cui sono accampati gli ennesimi episodi di cecità (che
per altro danno stura ad antichi rancori tra compaesani risolti in maniera
cruenta) fanno nascere la certezza che ci siano streghe tra di essi che vanno bruciate.
Dylan Dog, malgrado la cecità, l’ispettore Bloch, in pensione, e la sua
compagna, Penelope (unica che pare immune dal “contagio” xenofobo) cercano di
fermare la folla inferocita...
Mi fermo qui. Sarebbe scorretto raccontare il
finale...
Cosa ci dice (soprattutto oggi) questa breve storia? La cecità cui vogliamo volontariamente condannarci. “Il
luogo oscuro” del titolo, dunque, è dentro di noi, abitato da
lupi solo all’apparenza ammansiti dal benessere ma pronti a lasciar riemergere,
senza più freni inibitori, la propria natura ferina ed egoista.
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