Mi confortano parole che rileggo di Revelli in Populismo 2.0. E lo
ripeto come ho fatto nei giorni della decisione difficile di abbandonare il
Movimento: non era scontato che finisse con un abbraccio (mortale dal mio punto
di vista) con Lega. Il M5S era nato su battaglie completamente diverse. Basta
vedere quali le questioni affrontate negli anni della genesi o la “Carta di
Firenze”. Fino a marzo, dunque, sicuramente, probabilmente fino allo scorso
anno, il Movimento appariva profondamente diverso da altri neo-populismi
europei.
«Testimoniano di questa
diversità le tante battaglie condotte nella lunga fase di gestazione del
Movimento, ambientaliste, pacifiste, antiautoritarie, partecipative. Ma anche i
contenuti del programma elettorale con cui si è presentato alle elezioni
politiche, nettamente diverso e in molti punti opposto a quelli dei variegati
partiti e dei movimenti della destra populista europea (e più in generale
occidentale), come ha sottolineato con molta chiarezza Roberto Biorcio, sulla
base di dati empirici eloquenti. Mentre infatti – scrive – l’identità della
maggior parte dei neopopulisti contemporanei è fortemente orientata alla
rivendicazione di un recupero di «sovranità» affidato “a un leader “forte” in
grado di far valere nelle istituzioni la volontà della gente comune”, e “l’idea
di “popolo” proposta è fortemente caratterizzata in senso etnico e nazionalista”
con l’assunzione di immigrati e rom come nemici (in Italia esempio tipico ne è
la Lega in asse con Fratelli d’Italia), “il programma costruito dal M5S è
completamente diverso, quasi opposto”. I suoi obiettivi “sono soprattutto
orientati a favorire la democrazia partecipativa dei cittadini, a difendere uno
stato sociale di tipo universalistico, a tutelare e valorizzare i beni comuni
e/o pubblici (reddito di cittadinanza, difesa degli investimenti per la scuola
e sanità pubblica)”.
L’altra grande anomalia del M5S è la spontanea partecipazione degli
attivisti. Mentre i partiti tradizionali si strutturano su ceto politico (o
soggetti che aspirano a diventare tali), nel Movimento, oltre a personaggi
ambiziosi, che lo hanno utilizzato per la propria scalata al potere (e anche a
Benevento ci sono molti esemplari di tal fatta), si trovano veri e propri
idealisti. Mutatis mutandis, ricorda
il Partito Comunista. Se vale quello schema, allora, dobbiamo immaginare un
soggetto politico a più livelli ma che non potrebbe esistere senza l’impegno
gratuito, le donazioni, la mobilitazione di un “popolo” che vuole essere
“attivo”.
Quello che ho potuto sperimentare nei miei quattro anni di attivismo
all’interno del M5S è il livello di approssimazione degli attivisti.
Riconosciuta una passione (talvolta sfociante nella fede) oramai scomparsa nel
rimanente, desolato spazio politico (salvo rarissime eccezioni nelle ali
“estreme”), va preso atto, con sconforto, che questo “popolo”, al di là delle
questioni più cavalcate dalla stampa ostile (le scie chimiche, i vaccini et
cetera) è troppo spesso ignorante e felice di esserlo. Si ha la pretesa, non
sorretta da un’adeguata volontà di approfondimento e studio, di poter
pronunziarsi su ogni questione. Non biasimo questa pretesa. La considero un
viatico ad una forma superiore di democrazia partecipata. Biasimo la pigrizia
nel dotarsi di strumenti di consapevolezza. La democrazia digitale, che deve
essere un grande obiettivo del futuro, può esistere, senza manipolazione
“dall’alto”, solo se ci si mette con fatica a studiare, cercando di capire i
problemi senza fermarsi alla superficie. Altrimenti si ripresentano i rischi di
un’“ideologia” che pur si dice di voler superare. Che cos’è l’ideologia, infatti,
se non una semplificazione della realtà? A Benevento pochissimi dei miei
compagni di strada hanno mostrato la volontà di andare in profondità nella
comprensione dei fenomeni (locali e non).
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