martedì 19 giugno 2018

Frantumi VIII


29. Fascismo?

Luciano Canfora ha scritto un articolo molto interessante (che non bisogna necessariamente condividere del tutto per apprezzare). Sostanzialmente lo storico ritiene che si stiano creano condizioni analoghe a quelle che portarono alla nascita dei fascismi europei negli anni Venti e Trenta a causa del risentimento nei confronti di élite globaliste ed europeiste (con la nascita di un neo-sciovinismo) e di pulsioni venate di razzismo verso le grandi migrazioni: «La migrazione in atto esaspera quei medesimi ceti deboli che la “moneta unica” ha penalizzato: ne discende una vasta possibilità di mietere consenso da parte di movimenti politici (Front national, Lega, Alba dorata) che mettono insieme, sotto i riflettori, questi due disagi».
Quel che vedo io, invece, accanto a questo rischio, è un bisogno diffuso di “protezione” dopo il fallimento (disastroso) delle politiche liberiste sorrette da un pensiero unico egemone dagli anni Ottanta ad oggi. 

«Oggi il globalismo, nella mente della gente, è morto. Possiamo allora andare (tornare) a un ideale di nazione? Impossibile, al massimo cederà l'idea di Europa, ma non la concezione globalista di Stati Uniti, Cina e Russia. Chi pensa a un ritorno allindietro sta solo regalando potere a questi tre paesi e togliendolo all'Europa. Ma unidea globalista dell'Europa, senza avere un'Europa compiuta, “united” (cioè, se rimane ferma alla situazione di oggi, in cui l'Europa conta solo nelle cose che non contano) è impossibile» (Antonio Preiti).

Ci sono analogie con il passato. Negli anni Venti e Trenta alcuni grandi paesi del mondo (la Russia, con politiche economiche diverse tra loro, sin dal 1917, Italia a partire dal 1925, USA a partire dal 1932, Germania a partire dal 1933), retti da governi con orientamenti diversissimi (comunista, fascista, democratico, nazista) sperimentarono tutti modalità originali di controllo dell’economia da parte dello Stato. Da Morin ho imparato che la storia può insegnarci una sola cosa: tutti i grandi eventi della storia sono imprevedibili. Il Novecento mostra soprattutto questo. Dunque, non voglio proporre analogie. Voglio solo dire che dalle grandi crisi che stiamo vivendo (economica, energetica, ecologica e psichica) se ne può uscire in modi molto diversi. Il governo pentaleghista segna, in maniera contraddittoria (perché retto su due soggetti politici con visioni del mondo molto distanti, anche dal punto di vista economico, almeno sulla carta), il tentativo di riaffermare la primazia della politica sull’economia (incarnata da autorità sovranazionali che impongono vincoli “esterni” alle scelte). Contestualmente abbiamo visto dispiegarsi, da subito, nell’attivismo di Salvini il meccanismo del capro espiatorio. Scrive Canfora: «Il fascismo fu – e può tornare a essere (non importa sotto quale veste) – un modo di affrontare la gestione delle società di massa mobilitando e coinvolgendo le masse: mescolando sciovinismo (da lanciare contro falsi bersagli) e welfare (purché compatibile con gli interessi della parte più disinvolta e politicizzata del grande capitale)». Bisogna pensare delle alternative che non sposino la causa dell’élite eurocratica «che chiama “riforme” la demolizione del welfare».


P.S.

Dopo Dora Palumbo (a Bologna) e Francesca Menna (a Napoli), Carlotta Trevisan a Rivoli lascia il M5S con motivazioni analoghe alle mie. 





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