domenica 24 aprile 2016

Diario politico 19 (Nel segno di Zarro)


Il 12 ottobre 2015, come "Grilli Sanniti", diramammo una nota in cui ironizzavamo sull'istituzione, in zona Cesarini, di una Commissione che avrebbe dovuto svolgere una ricognizione sul debito, tuttora dai contorni misteriosi e, soprattutto, figlio di madri ignote, del Comune di Benevento. 

Scrivevamo che essa non avrebbe avuto il tempo il tempo materiale di appurare su chi ricada la grave responsabilità del pesantissimo debito del Comune. Prendevamo impegno di istituirne una seria, rigorosa, appena entrati a Palazzo Mosti, dopo le elezioni di giugno.
Il giustiziere solitario, l’onorevole Giovanni Zarro, dotato di una penna tanto verbosa («Il Vaglio» definì la sua prima replica «invero non breve», senza effetto) quanto pedante, iniziò la sua guerra personale, essendo egli stato il più fiero sostenitore di questa strampalata Commissione. Si trattava, dunque, di difendere la propria credibilità politica. Armato, dunque, di penna e matita rossa e blu, dispensò lezioni di etica pubblica, di corretta amministrazione, tacciandoci sostanzialmente di inesperienza ed ignoranza.
Gli rispondemmo sottolineando, ancora una volta evocando una canzone, che le sue fossero solo parole, parole, parole. E che avremo iniziato il conto alla rovescia in attesa della fine dei lavori per vedere se a quelle parole avrebbero corrisposto fatti concreti.

Alla scadenza annunziata dei lavori (15 aprile), io e Danilo De Nigris abbiamo chiesto conto del lavoro svolto.

Per tutta risposta l’ineffabile onorevole ha rispolverato la sua penna, stavolta in versione “sarcasmo”, rispondendo alle nostre domande... nulla! Uno, nessuno e centomila verrebbe voglia di dire: per ogni occasione un nuovo costume a soddisfare il bisogno narcisistico di esserci, di parlare, di contare qualcosa. Per altro, indossando di nuovo l’abito del giustiziere solitario, l’onorevole ci ha sfidata ad una pubblica tenzone, dove, evidentemente dare soddisfazione ad suo bisogno compulsivo. «Intervengo dunque sono» il suo motto.

Danilo De Nigris gli ha risposto senza fronzoli, ponendo nuovamente delle domande. 
A questo punto è intervenuto anche il Presidente della Commissione, De Minico, esegeta dell’onorevole per rimarcare come la sua risposta fosse improntata all’ironia, soprattutto sul gettone di presenza. 
Ancora una volta Danilo ha risposto con sobria fermezza a questi due signori dotati di un talento comico fino ad ora evidentemente represso.

Se volessimo dare un giudizio anche estetico sulla diatriba, direi che da una parte c'è l'uso "eristico" della parola φάρμακον, droga e veleno, utilizzata per confondere e ottundere le coscienze, dall'altra una parola semplice, senza fronzoli, senza vana ostentazione retorica. Insomma, la distanza abissale fra la politica come professione e la politica come passione civile. Mi è piaciuta molto che Danilo rivendicasse la sua identità "unica", quella di cittadino.
Se nel mare eristico di parole usate a  mo’ di cortina fumogena dai due talentuosi scrittori comici presenti in Consiglio si volesse isolare una verità semplice semplice quale sceglieremmo? 

«Data la esiguità del tempo siamo riusciti solo a dare uno sguardo alle pratiche ma responsabilità non ne abbiamo individuate. Ora se lo vorrà potrà riprendere in mano la situazione la prossima consiliatura e portare il lavoro a conclusione avendo cinque anni di lavoro davanti». 

Questo ha scritto chi ha presieduto la Commissione. Che è esattamente quanto prevedevamo noi.
L’onorevole Zarro ha una storia politica di tutto rispetto.
Averla messa al servizio di una Giunta tra le peggiori che Benevento ricordi, soprattutto in quanto a morale pubblica non fa onore a questa storia.
L’ex vicepresidente degli Stati Uniti si è chiesto se la politica fosse una “addiction”, se essa creasse dipendenza. 

La risposta è sì. Ci sono persone che non riescono a smettere. Non sappiamo quanto nell’onorevole Zarro il servizio che cristianamente si deve prestare alla comunità si è trasformato in un compulsivo bisogno di “contare”, di parlare, di intervenire. Questa città avrebbe bisogno di “padri nobili”, di guide super partes cui i giovani possano guardare come modelli. 
Si può guarire dalla politica come “bisogno”. 
La spiritualità è prima di tutto controllo delle “passioni tristi”. 
La rivoluzione gentile che il M5S porterà a Benevento riguarderà pensieri, parole, opere (e omissioni... o commissioni?). Essa sarà radicata nella "cura di sé", nel controllo delle "passioni" e sulla  παρρησία come etica della verità. Come ci ha insegnato Foucault ne Il governo di sé e degli altri, essa è esercizio del potere attraverso il dire il vero. Ma può corrompersi, e ne abbiamo avuto esempio nella discussione apparentemente di poco conto ma in realtà emblematica di modi antitetici di concepire la politica. Essa può divenire un ostacolo all'esercizio della democrazia quando si confonde con la retorica: «quello strumento con cui chi vuole esercitare il potere non può che ripetere molto puntualmente ciò che vuole la folla, oppure ciò che vogliono i capi o il Principe».

















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