sabato 16 aprile 2016

Diario politico 16 (Scambismi)


«Il voto non deve essere condizionato in alcuna misura dal bisogno e, ancor di più, da fenomeni illeciti di baratto o pressione». Questa affermazione, assolutamente condivisibile, potrebbe essere la base di un trattato di sociologia, di economia e di antropologia sannitica. A pronunziarla l’onorevole Clemente Mastella, che, pirandellianamente, apre uno squarcio nel “cielo di cartapesta” della campagna elettorale, fatto di partenze, futuro, ottime intenzioni, disvelando che cosa accade realmente nella vera “battaglia” che, casa per casa, famiglia per famiglia, diuturnamente e con ogni mezzo, la stragrande maggioranza dei candidati in campo conduce pur di vincere. Certo, l’onorevole non si espone più di tanto, non può far nomi, anche se è fin troppo facile capire chi sia il bersaglio della sua denunzia “contro anonimi”.
D’altronde perché Benevento, nella sua decadenza senza fine, dovuta certo alla crisi economica generale ma anche alle (non) scelte della giunta guidata dall’ex pupillo mastelliano Fausto Pepe, fino al 2011 retta da una maggioranza che vedeva il PD e l’UDEUR insieme, e da Raffaele Del Vecchio, dovrebbe essere diversa dall’hinterland napoletano dove, come ci ricorda sempre Roberto Saviano, il voto ha un preciso tariffario? 
Conosco l’obiezione: se sai qualcosa vai in procura e sporgi denunzia. Mi appello ad uno dei miei maestri, Pier Paolo Pasolini: io so i nomi dei responsabili dei fenomeni illeciti di baratto o pressione, io so i nomi dei responsabili del bisogno in cui versano molte famiglie beneventane, io so i nomi dei responsabili di una campagna elettorale fatta con metodi indecorosi. «Io so. Ma non ho le prove».
Ma so per certo, e ho le prove, che tra il ceto politico professionale mastelliano e quello pepiano-decariano in campo non c’è nessuna differenza, anche nei metodi. 
La cartina di tornasole della identità tra i due blocchi in campo è la transumanza dall’uno all’altro schieramento di personale politico privo oramai di ogni ideologia di riferimento. Il cittadino medio, quando viene a sapere dove si collocano i vari Bello, De Pierro o Quarantiello, esclama: «Ma non stava dall’altra parte?».
Non usciremo mai da questa impasse rimanendo dentro i vecchi metodi, fin quando la politica verrà concepita come pratica professionale che crea clientes attraverso la leva delle risorse pubbliche. 
Urge un rinnovamento dalle fondamenta non solo del personale politico ma soprattutto del modo di intendere la politica.

L’onestà (invocata al funerale di Gianroberto Casaleggio, stella polare del M5S) è una pratica che parte dalla conquista stessa del consenso. 
Non esistono mezzi cattivi che conducano a buoni fini [neanche dentro il M5S, aggiungo].
Il MoVimento testimonia la possibilità di altre prassi, capaci di plasmare, nel tempo, cittadini attivi e non timorosi clientes con il cappello perennemente in mano.

P.S.

In questo tempo di miseria diffusa, piacerebbe sapere, dall’onorevole Mastella, a quanto ammonta la cifra che a fine mese lui e la consorte trovano accreditata in banca per la quarantennale carriera politica (avviatasi nel 1976), cui si somma la pensione da giornalista di cui hanno parlato, in maniera a dire il vero poco lusinghiera, Rizzo e Stella ne La casta. Non ci risulta che alcun giornalista gli abbia posto la domanda. 
[Ho letto in rete che la sua potrebbe ammontare a 300 mila euro annui. Ne vorrei conferma.]

Nota
Per i più giovani: la copertina di questo post è una delle tante memorabili copertine di «Cuore». Strumento di formazione negli anni caldissimi a cavallo degli Ottanta e Novanta, diretto da un Michele Serra non ancora "sdraiatosi" e appiattitosi su posizioni mainstream, abbiamo nei suoi confronti un debito di riconoscenza difficilmente quantificabile. 
A Raffaele Del Vecchio, dunque, che viene da vecchia famiglia socialista, dedico, in amicizia e senza malizia, la più storica delle copertine di «Cuore».

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