Una religiosità laica per il nostro tempo. Il viaggio come ricerca del senso
Euthymios si presenta come un romanzo di formazione che trascende i confini del genere letterario per diventare un’interrogazione filosofica sulla possibilità stessa di un’esistenza autentica. Il protagonista, Euthymios, medico greco formato alla scuola ippocratica e non immune da fascinazioni stoiche, intraprende un viaggio che è insieme geografico, intellettuale e spirituale: dalla Grecia all’antica terra d’Israele, da Roma a Gerusalemme, fino all’estremo sacrificio di Masada. Questo peregrinare costituisce una vera e propria paideia esistenziale, un percorso di formazione che ricorda le grandi narrazioni filosofiche dell’antichità. Come l’Odisseo omerico o il Socrate dei dialoghi platonici, Euthymios apprende attraverso l’incontro, il confronto, la disposizione all’ascolto dell’alterità.
La curiosità come virtù filosofica
Al centro del romanzo sta quella che potremmo definire, con Heidegger, una “cura” (Sorge) autentica: curiosità medica, filosofica e spirituale si intrecciano in un’unica tensione conoscitiva. Euthymios non si accontenta delle certezze della sua tradizione culturale; la medicina ippocratica, il pensiero stoico, la razionalità greca sono punti di partenza, non d’arrivo.
La curiosità espressa dal protagonista non è il vizio della curiositas condannata da Agostino alla fine dell’Impero romano, ma una virtù epistemica e morale: il desiderio di comprendere l’altro, di entrare in contatto con mondi spirituali differenti (gli Esseni, Giovanni Battista, Gesù), di lasciarsi trasformare dall’incontro. È questa stessa apertura che Sguera rivendica nella sua presentazione biografica quando parla di “abitare le frontiere” e di rifiutare l’ortodossia.
Il dialogo greco-ebraico: un messaggio di pace
Particolarmente significativa appare la scelta di far convivere nel protagonista - e attraverso di lui - la cultura greca con quella ebraica. In un tempo segnato da nuovi fondamentalismi e chiusure identitarie, nel nostro tempo, Euthymios propone un modello di identità aperta, porosa, capace di integrare senza annullare, di accogliere senza tradire.
Il medico greco che diventa amico di Gesù, che sposa un’ex prostituta discepola del Cristo, che alla fine sceglie di morire con il popolo ebraico a Masada, incarna quella che Simone Weil chiamava la necessità di un radicamento unita alla possibilità di una spiritualità aperta. Non si tratta di sincretismo superficiale o di eclettismo intellettuale, ma di quella profonda comprensione per cui tutto si fonda sull’Amore.
La sintesi greco-ebraica operata da Euthymios richiama quella grande stagione del pensiero in cui Filone di Alessandria tentò di far dialogare Torah e Logos, prefigurando quella che sarà la patristica cristiana. Ma qui non c’è volontà di subordinare una tradizione all’altra: c’è piuttosto il riconoscimento che la verità è sempre plurale, che la sapienza abita molte case.
L’equilibrio esistenziale come conquista
Il percorso di Euthymios non è solo intellettuale ma esistenziale. La sua ricerca mira al rinvenimento di un ritmo esistenziale adeguato alla dignità dell’umano.
Questa espressione - “ritmo esistenziale” - è filosoficamente densa. Richiama l’idea greca di métron, di giusta misura; l’equilibrio stoico tra passioni e ragione; ma anche quella dimensione temporale dell’esistenza che Heidegger poneva al centro della sua analitica esistenziale. Euthymios cerca un modo di abitare il tempo che sia all’altezza dell’umanità, che non riduca l’esistenza a mera sopravvivenza biologica o a funzionamento sociale.
L’equilibrio raggiunto non è statico ma dinamico: il protagonista medico cura i corpi, filosofo interroga il senso, amico accoglie l’altro, amante scopre l’eros, resistente si schiera con gli oppressi. Ogni dimensione trova il suo posto senza annullare le altre, in quella che potremmo chiamare, con Sguera, un’ecosofia esistenziale.
L’amore come apertura all’alterità
L’incontro con l’ex prostituta discepola di Cristo e il successivo matrimonio rappresentano un momento filosoficamente cruciale. L’amore è forma suprema di conoscenza e apertura all’altro.
Questo tema riecheggia Lévinas: è nel volto dell’altro, nella sua irriducibile alterità, che si manifesta l’istanza etica fondamentale. L’amore per questa donna - segnata dalla marginalità sociale, dalla vita dissoluta, ma trasformata dall’incontro con il Cristo - rappresenta la capacità di Euthymios di vedere oltre le convenzioni, di riconoscere la dignità umana là dove la società la nega.
È significativo che Sguera nella sua autobiografia citi Etty Hillesum, la giovane ebrea che «cantava mentre il suo treno viaggiava verso il lager.» Anche in Euthymios l’amore non è negazione della tragedia ma capacità di affermazione della vita e della bellezza anche di fronte all’orrore (la crocifissione, la rivolta giudaica, Masada).
Una religiosità laica, una laicità religiosa
Caro Nicola, la tua è religiosità laica o laicità intessuta di religiosità. Il tuo romanzo - e la tua stessa figura intellettuale - incarnano quella terza via che sfugge tanto al fondamentalismo religioso quanto al laicismo astratto.
Quando ti professi «cristiano ma fuori dalla Chiesa cattolica», quando cerchi quel “Quinto Vangelo” fondato sull’Amore, quando integri “pensiero-poetante ecosofico, spiritualità transreligiosa, agire politico non-violento”, stai operando quella che Bonhoeffer chiamava la ricerca di un cristianesimo adulto: una fede che non ha bisogno delle stampelle dell’Istituzione, che non si rifugia nel dogma, ma si confronta con la complessità del reale.
Euthymios è la personificazione narrativa di questo progetto. La sua è una spiritualità senza Dio (nel senso delle rappresentazioni teologiche tradizionali) ma non per questo meno profonda; o meglio, è una spiritualità in cui il divino si manifesta nell’incontro umano, nell’impegno etico, nella scelta di stare dalla parte degli oppressi (la decisione finale di morire a Masada con il popolo ebraico è emblematica) [1. Continua]
Antonio Martone insegna Filosofia politica presso l’Università di Salerno.

Nessun commento:
Posta un commento