È
difficile emozionarsi in una campagna elettorale. Ieri mi è accaduto in maniera
inattesa. Quello che doveva essere uno dei tanti appuntamenti che oramai il M5S
di Benevento porta avanti da mesi è diventato sintesi alta di un intero percorso
avviatosi a settembre.
Quando
Ferdinando Imposimato è entrato nella Sala Vergineo, che lo ha atteso per circa
due ore, c’è stato un applauso lungo e spontaneo di persone di ogni età –
diciottenni e settantenni mescolati insieme – che il giudice ha dovuto dopo un
po’ placare per poter parlare. Lo avrà fatto sì e no per venti minuti
interrotti continuamente da applausi convinti di una comunità che trovava in
quelle parole semplici e dirette il senso del proprio agire civile e politico.
Che
cosa ha detto?
Prima
di tutto che il MoVimento 5 Stelle in questa fase storica è una scelta
obbligata. Rivendicando l’amicizia con Filippo Nogarin, sindaco di Livorno, e
con Fabio Fucci, sindaco di Pomezia, Imposimato ha ripetutamente affermato che
ci troviamo di fronte ad amministratori capaci, oltre che onesti. L’esatto
opposto della vulgata renziana. A tal proposito, con veemenza, l’ottantenne
presidente onorario della Corte di Cassazione ha sottolineato come il sistema
informativo italiano sia in mano, di fatto, ad un’unica potentissima lobby, che
fa capo al gruppo «Repubblica» e a Debenedetti.
La
seconda cosa che ha colpito i presenti è stata la nobile genealogia cui
ispirarsi. Al nome di Aldo Moro, ispiratore degli articoli “lavoristi” della
Costituzione (il 3 è stato citato per intero), e ucciso da un complotto che ha
visto coinvolti pezzi del suo partito, e al nome di Enrico Berlinguer c’è stata
un’ovazione. Potrebbe sembrare una visione idillica e pacificata della
politica.
Non lo è in un tempo in cui partiti post-ideologici e “liquidi” come
il PD renziano sono totalmente privi di riferimenti ideali. Certo, Moro e
Berlinguer sono “icone” (come icona è lo stesso Imposimato). Nominarli
significa dire tre cose: Costituzione, lavoro e questione morale.
Infatti,
la terza cosa su cui il giudice ha battuto moltissimo è la necessità di
inverare la Costituzione repubblicana, ad esempio quando evoca la rimozione
degli ostacoli che impediscano l’espletamento di una piena cittadinanza dai
parte dei cittadini/lavoratori. Di qui il fondamentale appuntamento di ottobre.
Dire no ad una riforma che conferisce enorme potere ad una Camera
iper-maggioritaria (grazie all’Italicum) significa avviare una deriva “decisionista”
che ci deve spaventare.
La
piena cittadinanza oggi, ha detto Imposimato, in tempo di crisi, può essere
possibile solo se si varano misure “costituzionali” come il reddito di
cittadinanza (ancora una volta Nogarin, che ha dimostrato di poterlo fare anche
su scala comunale, sperimentalmente).
L’altro
ieri Clemente Mastella ha chiuso con Carlo Rossella e Diego Della Valle, dando
un segnale forte su quale sia il suo orizzonte ideale di riferimento. Raffaele
Del Vecchio ha invitato il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, per rivendicare
per l’ennesima volta la “filiera istituzionale”.
Sono
orgoglioso di esserci stato. La foto che abbiamo fatto alla fine, in un luogo
simbolico della città, resterà il momento più significativo di questa
stagione.
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