Ero ancora confusa e piena di rabbia per il modo brutale in cui non tanto io, mia madre e Valeria eravamo state uccise ma per Youssuf, quel figlio che sembrava te, se non per il colore della pelle chiara. Era il pensiero della sua vita terrena spezzata sul nascere che mi angustiava e mi faceva sentire una madre cattiva, che non era stata capace di proteggerlo da due mostri, fino al giorno prima vicini odiati e odiosi. Dopo, arrivata in un non luogo molto, molto lontano, dove forse tu arriverai tra molto, molto tempo, ho potuto vedere come me lo hanno ucciso mio figlio, tagliandogli la tenera gola perché piangeva disperato, nel caos di urla e sangue che Olindo e Rosa avevano creato inseguendo la loro follia. È questo ancora che mi strazia, Azouz. Ma intanto lui è con me, lui ora è me, come mia madre, come Valeria, come tutte le persone care perdute nel tempo e qui ritrovate, finalmente. Da qui ti ho guardato. Ho assistito alle accuse ingiuste nei tuoi confronti: non avresti potuto mai farlo, ovviamente. Carne della tua carne. Eppure, quando i nostri corpi si decomponevano lentamente nel gelo dei frigoriferi dell'obitorio, tu già scopavi con altre donne, immemore di tuo figlio con la gola tagliata. E i sensi di colpa li provavano le donne con cui ti appartavi in macchina. Già riprendevi a tirare coca, con la consueta incapacità di controllo. E in te si faceva strada la consapevolezza che questa era l'occasione della tua vita. E nel profondo del tuo cuore, in un luogo nascosto agli uomini ma a noi accessibile, pensavi confusamente che queste morti erano valse la pena, se ti avrebbero data certezza dell'impunità per i tuoi traffici, belle donne, soldi a palate, quelle macchine che popolavano i tuoi sogni. Noi non siamo scomparsi dal tuo cuore, anzi. Hai provato gratitudine per chi ha concesso, miracolosamente, a te, oscuro spacciatore tunisino, di apparire in televisione, elegante e reso desiderabile da quell'alone di fascino che circonda tutte le persone celebri. Ora sei di nuovo in galera. L'infamia maggiore è che tutti sanno quello che io vedevo giorno per giorno nel tuo cuore ottenebrato dai desideri. Chi è peggiore tra Rosa e Olindo e te, ci chiediamo? Loro che ci hanno ucciso o tu che hai costruito sulla nostra morte la tua poco duratura fortuna? Medita, Azouz, nel silenzio delle tue prigioni. La nostra morte avrebbe potuto permetterti di diventare quell'uomo che mai sei stato. Se avessi accettato di metterti all'altezza del dolore che ti veniva offerto. Hai scelto una strada semplice, larga, piena di attrattive. Hai perso definitivamente te stesso e noi, che pure ti amammo e per te sacrificammo molto. Medita, Azouz.
Raffaella
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Questa lettera immaginaria è ispirata alla strage di Erba, e risale al 2007.
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