sabato 1 febbraio 2020

Una risposta a Pasquale sulle recenti elezioni regionali [πολιτική]

Caro Pasquale, pur non essendo stato un mio allievo, ti ricordo come uno dei pochi giannoniani della tua generazione ad appassionarsi seriamente alla politica. È capitato spesso - negli anni in cui hai calpestato i venerandi corridoi del magnifico edificio progettato da Luigi Piccinato – che mi chiedessi un parere sulle questioni nazionali o locali.

Qualche giorno fa ho postato una riflessione che in parte sento di condividere. L’hai commentata:

«Prof, lei non trova sbagliato paragonare i risultati del centro/destra berlusconiano che, almeno a parole, si presentava erede diretto della tradizione popolare e della tradizione liberale rispetto al sovranismo della destra salviniana. Trovo più sorprendente il risultato della Lega nella regione storicamente rossa proprio perché la sua destra è chiara espressione di quei valori di intolleranza, violenza verbale, aggressività ecc. che rappresentano il nemico numero uno di quella sinistra storica (la sua sinistra, prof.!) che ha sempre governato l’Emilia-Romagna.
P.S. Ritengo, a differenza dell’articolo e quindi della sua opinione, che l’amministrazione competente di Bonaccini sia un modello da seguire in quanto unica vera alternativa al sovranismo/populismo di Salvini».

Provo a risponderti, prima di tutto rinviandoti ad un’altra riflessione, di Tomaso Montanari, che spero di poter invitare a Benevento per discutere del suo ultimo libro. Mi pare che risponda al tuo post scriptum.
Per quanto Berlusconi si sia presentato come erede della tradizione popolare, dal mio punto di vista ha rappresentato una grande minaccia alla democrazia italiana (come uscita dalla Resistenza). Il combinato di potere economico e potere mediatico, in un’era in cui i media generalisti la facevano ancora da padrone, uniti ad un indubbio talento “machiavellico”, che lo spinse a “federare” un partito secessionista radicato nel Nord ed uno post-fascista radicato nel Centro-Sud, hanno messo seriamente alla prova il nostro Paese, rischiando di trasformarlo in una post-democrazia. Per altro, secondo alcuni interpreti (per esempio Marco Revelli) proprio il berlusconismo segnerebbe la svolta “populista” del nostro paese. Certo, colgo la minaccia salviniana. Sono uscito dal M5S e mi sono dimesso dalla carica di consigliere nel Comune di Benevento urlando a squarciagola ai miei ex compagni di strada, accecati dall’illusione che entrare nella “stanza dei bottoni” li potesse rendere capaci, a prescindere dalle alleanze “politiche”, di cambiare il mondo. Il tempo mi ha dato ragione. Grama soddisfazione. La Lega, però, con la sua ideologia grondante chiusura e paura, è un soggetto politico la cui leadership è contendibile (a differenza di Forza Italia). Salvini, ho scritto lo scorso anno, durerà poco. Sarà un fuoco alto e possente ma di breve durata. Come Renzi. E, aggiungo, Salvini è il prodotto, purtroppo, proprio di una sinistra che ha rinunziato alla sua missione “storica”. Sai che da anni ragiono sulle categorie politiche. Ho oscillato tra due posizioni: ritenere superata la dicotomia destra/sinistra o pensare che essa andasse rivisitata e radicalmente rinnovata, arricchita. Ho creduto che il M5S potesse essere, a livello europeo, la strada nuova da percorrere. Forse quell’esperimento di “terza via” avrebbe potuto proseguire. Le scelte sciagurate seguite al trionfo elettorale del 2018 hanno posto fine all’esperimento. Realisticamente (e qui ti rinvio ad altre riflessioni di Carlo Formenti) rientrerà nell’alveo di un centro-sinistra riformato ed includente (anche i movimenti nati intanto nella società civile).
In questo momento, come ho articolato altrove, mi interessa altro, in primis a livello teorico. Credo che siano strade del passato. Montanari ha ragione. Il “populismo” (categoria che a mio avviso va declinata e modulata perché esso può essere anche un balsamo per le democrazie malate ed elitiste) leghista e prima il “populismo” anomalo del M5S sono stati il frutto della rabbia (giusta!) di masse impoverite, le cui certezze si sono erose anno dopo anno, soprattutto dopo il 2007. Fino a quando non ci sarà una teoria, seguita da una prassi, in grado di rispondere a questa rabbia senza regressioni, chiusure, tentazioni dell’uomo forte, ma lavorando su ipotesi radicali di redistribuzione della ricchezza e partecipazione politica non credo che si vada oltre un “frontismo” nato vecchio e senza prospettiva.
Sperando di vederti per parlarne de visu, ti abbraccio.
N.S.



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