martedì 25 febbraio 2020

E venne il giorno...




Se dovessi focalizzare l’angoscia di questi giorni non penserei tanto o soltanto al Coronavirus ma soprattutto all’anomala primavera di metà febbraio che sembra accettata quasi come normalità. Il combinato delle due cose suggerisce, al di là dei nostri tentativi di razionalizzazione (che pure dobbiamo sempre alimentare), nel profondo, l’annunzio di una catastrofe («Poi apparve nel cielo un gran segno: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle»).
Non sappiamo come andrà a finire. Potrebbe essere l’inizio di una pandemia che falcidierà gran parte dell’umanità attraverso un virus prodotto in laboratorio. È la storia raccontata magistralmente da Terry Gilliam ne L’esercito delle 12 scimmie.


Oppure potremmo leggere gli eventi come una rivolta della Terra, Gaia, organismo senziente secondo le teorie (contestatissime e fascinose) di Lovelock (ma anche, sul versante della scuola junghiana, di Hillman), che inizia ad indurre gli uomini a comportamenti autodistruttivi per tutelarsi dalla devastazione, sebbene all’inizio si pensa sia colpa di un attacco biochimico terroristico (interessante analogia con le tesi complottiste sul Coronavirus).
Il film in questione, E venne il giorno…, capolavoro “minore” e a mio avviso sottovalutato di un regista altalenante, Manoj Nelliyattu Shyamalan (film geniali come Ad occhi aperti, Il sesto senso, Unbreakable, The village, Split e altri decisamente meno riusciti), ha un messaggio "forte", come nello stile dell’autore, finanche didascalico: solo l’amore salva. 


Julian, il professore di matematica, homo cartesianus, è persuaso sino alla fine che l’uso corretto della ragione porterà salvezza. Aveva detto: «Mia madre mi ha chiamato di nuovo al cellulare. È isterica! Isterica! Le ho continuato a ripetere che le probabilità che possa succedere anche a Philadelphia sono pari a zero. Insomma, nessuno ci ha detto di lasciare la città. Quindi le ho buttato lì dei numeri. A volte serve essere un professore di matematica: le persone sono confortate dalle percentuali».  


Elliot, sebbene anche lui cresciuto nel culto della scienza, che insegna, si “abbandona” gradualmente. Nella penultima scena del film, compiendo un gesto assolutamente irrazionale per raggiungere la moglie Alma (anima in latino, evocazione dell'Anima Mundi della tradizione neoplatonica?) e Jess, la figlia dell’amico matematico morto, e così – contro la razionalizzazione cartesiana - scommettendo à la Pascal, dice: «Se devo morire, voglio essere lì con te».
Dunque, sia che siamo avviati (come è poco realistico almeno nell’immediato) alla fine del mondo sia che questa crisi che stiamo vivendo diventi una storia da poter raccontare ai nipoti, l’insegnamento da trarne potrebbe essere sintetizzato con le parole splendenti di Giordano Bruno negli Eroici furori, massima esaltazione della forza salvifica di ἔρως:

Sia chiar o fosco il ciel, fredd’o ardente,
sempr’un sarò ver l’unica fenice.
Mal può disfar altro destin o sorte
quel nodo che non può sciȏrre la morte.

Rafforziamo i legami amorosi, non lasciamo trionfare la paura che ci rende monadi mascherate

Lo ha scritto Franco Arminio in una delle sue cose migliori.










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