lunedì 23 aprile 2018

Nel chiaro mondo IV (Iuliano)

Migranti e naufraghi, da sempre in gurgite vasto, cerchiamo ancore ed approdi che ci diano salvezza e ristoro.
È dalla notte dei tempi che, perseguitati da tenebre e buio, compagne tiranne le paure che tolgono il sonno e il respiro, cerchiamo certezze di luce. Soprattutto quelle del giorno per avere ampi orizzonti da scrutare e, intimamente, da conoscere ed assorbire come ossigeno e linfa. 
Chiarori di storie e vicende dirimono il nostro tempo ma anche chiarezza di parole perché rendano la vita un racconto comprensibile, fiduciario, entro cui incamminarsi tra soste e cadute, ferite e croste. E di cicatrici rimarginate, più o meno visibili, segni di scontri, sofferenze e vittorie.
È questo da sempre il dettato poetico di Nicola Sguera.
La ricerca di un mondo in chiaro, specola di ogni rifrazione, assomma e racchiude la sua ultima plaquette come in una obbligante liturgia di rito latino: antifona di purificazione pro nobis – Sguera ha il culto di sé in una visione cristianamente ecumenica – per affrancarsi dal vuoto orribile che ognuno si porta appresso per cattiva o mancata conoscenza, per incomprensione e spesso per umano disaccordo; elegia filiae matrique  “dive e divine”, un insieme di carne e  amore che, tra sospensioni e sconfitte, può rigenerarsi nel miracolo; cenacolo ovvero costruzione di un luogo dell’anima, calice ed ostia di comunione; bibbia per una storia da sperimentare: un’uscita e un esodo per mettere ordine alla vita o contenerla. E dai suoi possibili molteplici fogli, significativi di una vita animata e complessa, ritrovare la propria identità in una sola pagina.
Ecco spiegate le ragioni ispirative e di scrittura della silloge Nel chiaro mondo. Una raccolta breve ma intensa, capace in sei sezioni di disegnare l’esistenza, smontarla e riordinarla nei suoi pezzi come tessere di un mosaico che si completa in forme, trasparenze e colori. 
La sua genesi è un cantico “altro” delle creature, un viatico per risalire dall’abisso e dal disordine. La natura, oggetto di abbandono e vilipendio, trova con Sguera un cuore di carità e un impegno a lavorare per il mondo.
Nell’avvicendamento tra caos e cosmo, logos e fuoco, eros, la sua preghiera, – farmaco di ogni salvezza -  muta e raccolta, rompe il silenzio; raccoglie “memoria della terra”; mitiga il dolore; si incontra nel volto di chi fatica nel sudore del giorno.
L’aspirazione alla pace – passo e speranza per chiunque -  non è né certezza né conquista; vieppiù non rinfranca perché “guarisco per crisi”, e i relativi affanni e bisogni trovano le necessarie risposte nell’arco e nella lira. 
Tre soli punti, significativi ed assorbenti, valgono quanto le Tavole della legge: 

Non disertare. 
Non desertificare. 
Feconda. 

Questa “trinità”, che racchiude ammonimenti e un incitamento, si coagula in forza di parola che si spande nel vento/alito per raccordarsi ed affrontare ogni altra sfida. 
Un manuale esistenziale e persuasivo, quello di Sguera, per uno stesso cammino nella vita e nella poesia, che da anni ci fa ritrovare, per ago di bussola di cuore e mente, solerti compagni di viaggio.

Giuseppe Iuliano

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Giuseppe Iuliano è poeta, critico letterario, difensore della cultura meridionale, orgogliosamente irpino. Mi onora della sua amicizia.

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