giovedì 5 aprile 2018

La rivoluzione gentile 35 (Risposta a Desiderio)


La riflessione di Giancristiano Desiderio sul M5S muove da una serie di assunti aprioristici e da una visione della politica che non è in grado di capire che cosa sia il Movimento (e questo nulla ha a che fare con la profonda intelligenza del filosofo, storico e giornalista saticulano). 
Il primo assunto aprioristico (una fake news la si potrebbe definire) è che il M5S ha dato cattiva prova di sé nelle amministrazioni locali. Pare che i fatti ci restituiscano una realtà diversa, sicuramente articolata: esempi di buona, normale, mediocre amministrazione. Difficile però dedurne che il voto al Movimento prescinda dai fatti. Al contrario, oserei dire che, essendo lo zoccolo duro del Movimento, costituito da attivisti, si è particolarmente esigenti e critici con i portavoce a qualunque livello (posso testimoniarlo per esperienza diretta: insomma, altro che delega in bianco!). 
L’analisi di Desiderio insiste molto sul fatto che l’elettore pentastellato, una sorta di “invasato”, di neofita di una nuova religione, non sia capace di guardo critico sui “fatti”. 
L’altro assunto aprioristico, frutto di un’analisi che mi permetto di definire “pigra” (e tutta interna agli schemi politologi dell’autore forse da ammodernare, nel senso che la riduzione al noto non aiuta a capire le novità innegabili di questo esperimento per ora unico su scala planetaria) è che il M5S sia una forma di “individualismo statalista” con la missione di «conquistare lo Stato per usare forme e contenuti del potere a beneficio di un sistema politico, sociale e istituzionale in cui tra servi e padroni la stessa opposizione potrà essere cooptata e diventare socio di minoranza». In questo senso, dunque, ci troveremmo di fronte all’ennesima variante della tradizione italiana. In questa analisi Desiderio introduce la categoria che dà il titolo al suo pezzo, la teologia politica. Spiega che il M5S parte da un assunto teologico (e morale): i “buoni” che conquistano il potere lo rendono “buono”. Per Giancristiano, invece, «il potere è corrotto alla sua fonte proprio perché è rappresentato come onesto mentre il potere non è mai onesto perché è umano». Il M5S si sentirebbe immune da tale peccato originale. Due considerazioni. 
La prima: il M5S non è “individualista”. Al contrario, mi pare che segni l’ingresso (finalmente!) di istanze neo-comunitarie all’interno del dibattito politico. Il mantra secondo cui «nessuno deve rimanere indietro» significa esattamente questo. E capisco quanto questo possa irritare un “individualista” liberale come Desiderio. Se volessimo individuare la matrice neanche tanto occulta di tale atteggiamento potremmo rinvenirla nell’azione (e nelle opere) di Adriano Olivetti, riferimento di Gianroberto Casaleggio, rievocato spesso anche dal figlio di questi Davide. Sarebbe il caso di riprenderne in mano i libri per capire un po’ meglio il Movimento. 
La seconda. Se volessimo ampliare l’uso della categoria utilizzata da Giancristiano (che larga fortuna ha avuto nel Novecento) potremmo provocatoriamente affermare che, se il M5S è il primo movimento (italiano) del XXI secolo e dell’era liquida, esso non è moderno (e in quanto tale fondato su una “teologia politica”) ma post-moderno (e fondato su una “spiritualità politica”). Voglio dire che, soprattutto ascoltando quanto Davide Casaleggio, sulla scorta del padre, sta divulgando attraverso incontri in varie parti d’Italia (e che culmineranno in un evento a breve), dietro l’azione politica del M5S si intravede una visione spirituale della realtà. Non a caso un San Francesco “ecologista” è un punto di riferimento idealeRivendico la scelta fatta ormai quasi dieci anni fa di far nascere il MoVimento 5 Stelle sotto il segno di San Francesco»). Facili le accuse di versione politica di istanze “new-age”. E invece a me pare che l’interesse per il Movimento di cristiani “adulti” come Marco Guzzi testimoni un fecondo incontro tra politica e spiritualità post-religiosa, in cui la «fedeltà alla terra», riscoperta nella sua sacralità è elemento fondante (e il nuovo blog di Grillo è assolutamente emblematico di questa nucleo fondante).
L’ultima critica di Desiderio riguarda i soldi. Chi paga, si chiede, le costose politiche “stataliste”? Intanto prendiamo atto che a pagare gli errori (ma davvero sono stati tali?) e gli orrori di un capitalismo globalizzato e fuori controllo è stato il 99% dei cittadini. Davvero è credibile che il problema, nel XXI, sia la pervasività e l’ingerenza dello Stato nell’economia e non, al contrario, un’economia libera da qualunque controllo, monopolizzata da poche centinaia di miliardaria totalmente sradicati? Lo Stato nazionale, al contrario (e qui riconosco una radicale revisione delle mie posizioni rispetto anche solo a dieci anni fa) mi pare unico argine all’orrore economico. Le risorse si trovano con gestioni virtuose e taglio di spese inutili. E anche (ma capisco che Giancristiano salterà dalla sedia) con politiche di “deficit spending” da imporre ad un’Europa matrigna, mai madre.
Contiamo di tornarci con un convegno in cui mettere intorno ad un tavolo economisti come Pasquale Tridico ed Emiliano Brancaccio tra qualche mese.

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