martedì 3 aprile 2018

La rivoluzione gentile 34 (Risposta a Roberto Costanzo)

Va riconosciuto a Roberto Costanzo di non aver mai sottovalutato il fenomeno M5S. Nel 2012 (su «Messaggio d’oggi», diretto dalla neo-senatrice Danila De Lucia...) si svolse un’articolata discussione: intervennero Gennaro Papa, io e Costanzo, che scriveva: «Come è possibile rinnovare la politica attraverso il rinnovamento dei partiti se questi sono affidati a leader che sono già stati sul proscenio nella prima e nella seconda Repubblica ed ora si apprestano a fare altrettanto nella nascente terza Repubblica? Grillo sta squarciando il sipario, ma per costruire il nuovo scenario ci vuole altro: altri copioni, altri autori, altri attori». Si badi che in quel momento non avevo ancora consumato l’illusione (sarebbe accaduto l’anno successivo, con scelte radicali che mi hanno poi portato a diventare portavoce del M5S) che fosse possibile rinnovare la sinistra italiana, mutuando dal Movimento pratiche innovative.

Costanzo torna, dopo il trionfo politico del 4 marzo, che ha dato avvio ad una fase radicalmente nuova della politica italiana, sui medesimi temi, dimostrando la consueta finezza (assente nei più, a dire il vero soprattutto nei rancorosi esponenti di una sinistra esangue in tutte le sue declinazioni).
Giusto considerare il voto al Movimento né un fuoco di paglia né un voto esclusivamente “contro”. Sbaglia, invece, a mio avviso nel considerare arrogante la scelta di uno sguardo “lungo”, che cerca di immaginare gli scenari del lavoro (e della sua mancanza!) nei prossimi lustri. Al contrario, credo che ci si trovi di fronte all’unico soggetto politico che si sia dotato di strumenti di indagine del presente. Penso a “Lavoro 2025”, coordinato da Domenico De Masi, ma anche al nuovo blog di Grillo, attentissimo a tematiche eco e tecnologiche.
Dispiace la semplificazione sulla “democrazia diretta”. Il M5S è un esperimento unico al mondo, e “in fieri”. Perfettibile sicuramente. Andrebbe apprezzato lo sforzo di innestare nella democrazia rappresentativa, sempre più permeabile alle pressioni di lobby e minacciata da poteri opachi non soggetti a controllo, elementi di democrazia diretta. Il passo indietro di Grillo ha portato ad un ulteriore evoluzione del Movimento, che appare una “poliarchia” con una forte controllo da parte della base (e sarebbe interessante, ad esempio, analizzare la reazione degli attivisti e dei simpatizzanti all’annunzio dei “ministri-ombra”, e a quali azioni correttive tale mobilitazione ha portato).
Sicuramente è vero che con il M5S saltano i soggetti intermedi. E questa è sicuramente la differenza macroscopica con la DC. Unico elemento di raffronto l’interclassismo (ma in un paese profondamente mutato). «Il movimento grillino è e vuole essere altro». Giustissimo!
Costanzo chiude descrivendo l'elettorato grillino meridionale. È vero: esso ha espresso rigetto per una classe politica rivelatasi incapace di sanare, anche solo parzialmente, la secolare “questione meridionale”. Lo dimostrano il tasso di disoccupazione giovanile e la nuova emigrazione. Nello stesso tempo però è stato un voto di apprezzamento per un modo nuovo di intendere la politica, tornata ad essere “servizio civile”. In tutto il meridione i portavoce e gli attivisti del M5S (a partire dalla Regione) stanno svolgendo un lavoro capillare di controllo, denunzia e proposta, fedeli al principio che la politica non può e non deve essere una “professione” ma un servigio reso alla propria comunità per un tempo limitato della propria vita. Per questo ritengo che la “rivoluzione”, che amo definire “gentile” (anche nell’accezione medievale del termine) sia solo all’inizio, e presto coinvolgerà massicciamente anche le Amministrazioni locali, a partire dalla nostra, dove il mastellismo ha mostrato il fiato corto, riproponendo il vecchio armamentario di una politica senza visione, tutta tesa al controllo dei centri di potere e alla distribuzione degli incarichi a prescindere da meriti e competenze.

(Articolo apparso su «Gazzetta di Benevento»)

Post scriptum


Poco dopo il mio intervento è uscito un pezzo di PieroMancini, che critica alcune affermazione fatte da me. In particolare ritiene sbagliato considerare frutto del “rancore” riflessioni fatte da amici “di sinistra”. Ribadisco quanto scritto, per quanto marginale nella mia riflessione. Mi ha stupito che tali amici (con l’eccezione di Amerigo Ciervo) anziché dedicarsi ad una seria autocritica su quanto fatto o non fatto (che spiega il rovinoso tonfo elettorale) si siano esercitato a sparare sul M5S (neanche, come apparirebbe più naturale in un paese “normale”) sulla destra nelle sue varie declinazioni. Lo sterile esercizio della maggior parte di costoro (l’ho definita “sinistra gne-gne”) è stato ripetere a mo’ di mantra: «Avete vinto e ora governate (sottotesto: così tutti vedranno che siete incapaci)». A loro dico: quand’anche (ed è possibile) il M5S fallisse questo non vi assolverebbe dalle vostre responsabilità. Alcuni di voi hanno avallato la morte di un riformismo serio, affidandosi mani e piedi ad un imbonitore, prosecutore del berlusconismo con altri mezzi; altri hanno rinviato fino alla scadenza elettorale la costruzione di una sinistra “popolare”, reiterando gli errori fatti nel 2008 (con la Sinistra Arcobaleno) e nel 2013 (con Rivoluzione civile). In ogni caso, ci troviamo di fronte ad uno scenario nuovo. Buona parte delle battaglie che avrebbero dovuto essere di una sinistra seria sono di fatto divenute cavalli di battaglia del Movimento. Aver demonizzato il “populismo”, senza neanche cercare di capirlo, ha portato una Sinistra esangue a divenire “senza popolo”, espressione per lo più di ceti “privilegiati” (o comunque meno esposti ai rischi delle crisi sistemiche che caratterizzano il nuovo millennio), attenti quasi esclusivamente al tema dei diritti individuali. 

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