«Mi
rivolto, dunque siamo». Questa frase straordinaria di Albert Camus potrebbe
essere la sintesi dell’assalto al cielo che un manipolo di coraggiosi sta
tentando a Benevento. Lottando con enormi apparati, dotati di mezzi e denaro,
capaci di controllare, orientare o occupare i media locali, queste 33 persone
vogliono scrivere una pagine di storia beneventana, mandando a casa chi l’ha
malgovernata nell’ultimo decennio, impedendo nello stesso tempo la
restaurazione del vecchio potere democristiano e clericale, incarnato da
Clemente Mastella.
Ma
come sconfiggere questi Leviatani in sedicesimo, questi piccoli Moloch di
provincia che fanno del controllo delle risorse pubbliche lo strumento per
ampliare le proprie clientele e continuare ad alimentare le loro vite tutte
politiche, piene di ambizioni personali? Molti amici che incontro in questi
giorni scuotono la testa: «Non ce la potete fare. Si comprano i voti... Voi non
sapete di cosa sono capaci». Ma è proprio perché lo sappiamo che vogliamo
mandarli a casa una volta per tutte. E quali armi mai potremmo usare in questa
lotta “di liberazione”? Io direi che ne abbiamo un paio. La prima è la volontà
di essere onesti. Non l’onestà (perché ciascuno di noi può cadere in tentazione
e sbagliare) ma l’anelito, l’aspirazione ad essa, che accetti delle regole
ferree di comportamento (a partire dal certificato del casellario che abbiamo
dovuto esibire per essere in lista). L’onestà, sia chiaro, non può (e non deve)
essere un programma politico. Ma la condizione per ogni buona politica sì.
Viviamo purtroppo in un tempo senza vergogna. Il nostro compito storico, qui,
ora, a Benevento, in Italia, è ripristinare la decenza pubblica. Il politico
deve tornare ad essere un modello virtuoso di comportamento, soprattutto per i
più giovani, che associano invece alla politica la corruzione e il latrocinio.
La seconda arma è il gruppo. Sia chiaro: so benissimo che anche noi siamo
percorsi da tensioni interne, che ci sono anime diverse nel MoVimento, anche a
livello locale, spesso confliggenti. Eppure, malgrado tutto, avverto
potentemente uno spirito comunitario, il senso di essere un “noi” che mi
sostiene nei momenti di stanchezza. Dalla rivolta individuale è nata un’identità
collettiva. Questa è la nostra forza. Noi siamo. E per questo che non troverete
mai nei miei scritti di questi mesi una richiesta di voto sulla mia persona.
Sono persuaso che ciascuno dei 32 candidati del M5S sia il “medium” di ideali,
principi, progetti. Sono persuaso che chiunque di noi andrà a rappresentarci
nel Consiglio comunale sarà fedele a quei principi e a quegli ideali. Vedo le
facce sui manifesti degli altri. Uomini e donne solitari che galleggiano nel
vuoto, tra simboli vuoti e insulsi slogan. Ciascuno per sé in una affannosa
corsa verso una scranno che significa potere, ascesa sociale, per alcuni
denaro, sistemazione. Noi siamo un’altra cosa. Per questo il mio invito è
votare due chiunque di noi.
Io sono Luca, Ivano, Gabriella, Cosimo, Francesco, Carlo,
Lucia, Gianfranco, Carlo, Danilo, Silvana, Giovanni, Stefano, Vittorio, Franco,
Giovanni, Aniga, Stefano, Sandra, Ermanno, Gerardo, Pierluigi, Carmine, Anna
Maria, Annarita, Anna, Antonello, Sabrina, Concetta, Raffaella, Aldo. E sono
Marianna, ovviamente.
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