In bici, dal Rione Libertà a Piazza Risorgimento.
Un percorso, certo, pieno di promesse,
che ben s’addice al mio bisogno d’aurora,
di nuovi inizi. Sul Corso sciamavano
i ragazzi, elettrizzati per l’ora
inattesa d’aria. Assemblea sindacale,
parola triste, grigia, burocratica…
Lì ho parlato ai compagni (emoziona
ancora dirla questa parola fragrante).
D’Atene, dove il capitale cancella
democrazia e poesia in nome dei suoi idoli.
Della furia del denaro che devasta il mondo.
Di loro, cui la cecità dei padri nega speranza.
E poi di nuovo a casa, passando dal Corso,
e di nuovo quei volti immersi nella primavera
mai così attesa. Immemori e senza domani.
Gaia, Vittorio… Nomi presagio?
Che a voi tocchi l’arduo compito
d’un’ilare trionfo sull’orrore economico.
Siate la carne viva delle mie parole.
7 commenti:
1. [Pasolini non è un maestro ma un partecipante; sta nel mezzo, non sopra. Non insegna, induce. Bisogna confrontarsi con le sue pagine scritte o i suoi film; con i problemi impostati con qualche anticipo o affrontati con qualche preveggenza, a suo tempo da lui. Per cercare, in questi momenti, di spremerne il possibile succo. Un grande autore che risiede soprattutto nelle energie mai appiattite, nelle violenze di partecipazione, nella durata senza sfregi del suo furore vitale. Furore, non rabbia. Furore con attenzione, mai con disamore. Furore di partecipazione, mai di sottrazione. Pasolini è irriducibile a ogni catalogazione anche e soprattutto a quella che tende a consegnarlo alla frenesia, alla fame della piazza culturale, perché lì collocato o relegato non possa neanche lottare ma piuttosto sia triturato, e infine ridotto al nulla. Ferire, far sanguinare, risvegliare e far riflettere è la sostanza delle sue opere da leggere, vedere, ascoltare. E questo fiume di sollecitazioni non passive o innocue (ma che, ripeto, feriscono e ci obbligano ad un confronto) è carico di una elettricità ancora non consumata. In mezzo alle voci e alle mezze voci di una cultura del presente che sconforta, Pasolini è un autore a cui si deve concedere la fiducia di un'attenzione rigorosa, vigorosa, e da cui lasciarsi non tanto persuadere, ma coinvolgere, sollecitare. Anche provocare].
2. [Innanzitutto: passione e ideologia, i termini con cui spesso si indica Pasolini. L’ideologia, certo, la razionalità che indaga, ma a contatto con la passione, col corpo vivo gettato “spudoratamente” nella mischia. Conoscere con la ragione, certo, ma a partire da una conoscenza fisica, concreta delle cose. Al centro il proprio io che sperimenta, disperatamente, l’ansia frenetica della conoscenza. Al centro l’io e la sua vitalità. Vitalità che fa sì che la sua poesia si distacchi da quella ermetica, alata, e si confronti con le cose a partire dalla lingua, lingua impura, contaminata, mista. Una poesia eretica perché si confronta col presente, con un mondo borghese che osserva in profondità e svela le sue contraddizioni, i suoi fascismi, le sue macerie.
Cosa ne resta: resta oggi l’assenza del suo pensiero, la sua parola, la sua “profezia” sommersa dalle parole, dal chiacchiericcio insistente e vuoto della società catodica. Quel che resta è insomma la passione vera che lo spingeva all’ansia della comunicazione in tutte le forme possibili: romanzi, poesie, tv, giornali, televisione. Dal di dentro per scardinare certezze, per mettere a nudo una società che fagocita se stessa, che dimentica e distrugge il proprio passato per non avere futuro; interviene con la forza delle sue idee convinto che non sia progresso quello che distrugge il passato.
I termini della questione politica dai tempi in cui Pasolini agiva e pensava sono rimasti sostanzialmente gli stessi: la mutazione antropologica, figlia di una strisciante rivoluzione di destra, la quale facendo piazza pulita di etica, cultura, valori sociali, senso religioso, ha cacciato l’ideologia sostituendola col modello televisivo; e poi l’estetizzazione della merce, la mercificazione, la pervasività in ogni campo del Palazzo (il Potere). Il consumo è diventato, in ogni campo, il nuovo credo universale; la legge del più forte, l’individualismo, il consumismo… e via i valori, l’utopia, le emozioni, il senso].
3. [Contro questi disvalori Pasolini getta la propria persona, non si nasconde ma si fa avanti. Rompe il silenzio, mostra la faccia vera del perbenismo che nasconde quello che abbiamo sotto gli occhi: il razzismo, il “progresso” ad ogni costo, l’economico, la religione tecnologica. Per questo Pasolini è stato eretico, per questo non ha abdicato al “buon senso”, per questo non è sceso a patti con il Potere e per questo, forse, è morto.
Pasolini rivendica il diritto di cittadinanza delle idee, della verità, della diversità, delle minoranze. Contro un paese orribilmente sporco].
4. [Pasolini non impone verità. Ascolta l’avversario e lo sfida sul suo terreno. Ha un’idea comunitaria e civile della parola, idea di una parola che agisce, che si fa res, cosa. Che si fa azione all’interno della città e non la fugge; che si fa corpo e fragilità, utopia ma dentro la storia. Parola che parla del sacro in un mondo desacralizzato, con i corpi diventati merce. Parola che parla della diversità in un mondo in cui tutto tende all’omologazione. Parola che parla del passato in un mondo tutto teso alle magnifiche sorti e progressive. Parola contro la retorica delle parole del Potere. Parola contro l’ideologia del nuovo fascismo tecnologico-consumistico-televisivo, contro la reificazione delle ideologie.
La sua eresia è da custodire, contro ogni certezza rivoluzionaria o dubbio borghese, da ascoltare ed interrogare sapendo che la sua utopia poetica e politica dal singolare muove al comunitario, senza dimenticare la diversità e l’esclusione da cui nasce.
Contro la nuova preistoria della guerra e del terrore, del dogma assolutistico e del dominio, della retorica e della potenza, parla la sua poesia].
5. [Certo Pasolini non è stato il solo a capire che la deformazione del consumismo consistesse nel far diventare l’acquisto, l’avere e il possedere più importante del sapere e dell’essere, né è stato l’unico a intuirne la devastazione e il pericolo per le coscienze del paese, ma è stato tra i primi a reagire contro. È stato tra i primi a capire il passaggio dalla parola come provocazione del pensiero alla comunicazione sbraitata,e servile dei talk-show, in cui la parola diventa spettacolo della provocazione. Pasolini è stato un intellettuale non asservito ai giochi di potere, un intellettuale che non resta in silenzio, ma il suo appartarsi a pensare serve per poi denunciare. Denunciare che il moderno si attua calpestando reali valori umani a profitto di valori materiali ed economici riducendo l’uomo a marionetta. Denunciare la violenza nascosta dietro la maschera del mondo borghese che sta educando a questa violenza e crudeltà anche i giovani.
Fare come Pasolini: compiere una radicale critica del Potere e dell’esistente].
6. [Insomma. Che cosa ci dice oggi Pasolini? Ci dice di mobilitare il coraggio per andare all’opposizione; ci dice che bisogna riuscire di nuovo a scandalizzarsi, esprimendosi; e scandalizzarsi riproponendo il senso del valore e della qualità in sé, nel modo di vivere, penare, comunicare. Significa tornare a dibattere, analizzare, riflettere, ridando alla parola il suo significato, ridando alla poesia il suo significato. Sì, la poesia non serve a niente, ma proprio per questo vale].
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