Voterò NO per
tantissimi motivi. Provo ad elencarne alcuni.
A) Questioni di METODO
1. «La sicurezza dei diritti e delle
libertà di ognuno risiede nella stabilità della Costituzione, nella certezza
che essa non è alla mercé della maggioranza del momento, e resta la fonte di
legittimazione e di limitazione di tutti i poteri» (Manifesto dei valori del
PD, 16 febbraio 2008).
2. «La riforma è stata ideata e
ostinatamente voluta dal Governo della Repubblica con la pressione e l’etero
direzione dell'ex Presidente della Repubblica Napolitano» (Nino Di Matteo).
3. La «contro-riforma
costituzional-elettorale» (Flores d’Arcais) è stata elaborata e approvata da un
Parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale: esso non
è rappresentativo del paese reale. Tutta la “dottrina” giuridica, unanime, aveva chiesto che si tornasse al più presto
alle urne. Si è invece niente poco di meno che riscritta la Costituzione!
4. Si ricorre al referendum (oppositivo
secondo alcuni, confermativo secondo altri) solo perché è mancato evidentemente
quel consenso che l’art. 138 (che norma la “revisione” della Costituzione)
considera condicio sine qua non: «Le
costituzioni dei paesi democratici sono patti di convivenza, stabiliscono
pre-condizioni che devono garantire tutti: qualunque costituzione degna di
questo nome è tendenzialmente frutto di un consenso generale» (Luigi
Ferrajoli).
5. Modificare un terzo circa della Carta
significa stravolgerla: «La riforma proposta non è una revisione della Costituzione,
ma è un’altra costituzione: vengono cambiati 47 articoli su un totale di 139. E
questo non è consentito: l’unico potere ammesso dall’articolo 138 della nostra
Costituzione è un potere di revisione. Da questo discende il primo profilo di
illegittimità» (Luigi Ferrajoli). Nulla importa che, come affermano i sedicenti
riformatori, si tocchi solo la seconda parte: «la distinzione fra la prima e la
seconda parte della Costituzione non è fondata su una netta cesura fra le due
parti le quali invece sono intimamente connesse ed interdipendenti» (Fabrizio
Politi).
B) Questioni di MERITO
1. «Si tratta di un cattivo riassetto organizzativo
che, più che compiere un passo in avanti nella costruzione di un modello di “democrazia
decidente” cerca di affermare in modo surrettizio le condizioni di una
democrazia decisionista, infarcita di soluzioni procedurali atte ad affermare
la supremazia di una maggioranza e a sgomberare, all’Esecutivo, ogni ostacolo
sulla via della libera decisione» (Vincenzo Baldini). Siamo di fronte ad un
implicito rafforzamento dell’esecutivo che, grazie al disposto combinato
riforma costituzionale/riforma elettorale, può controllare, avendo bisogno
della fiducia di una sola camera in cui siederanno il 70% di eletti scelti da
partiti, il lavoro del legislativo, senza dover neanche più ricorrere al
sistematico uso della fiducia.
2. Questa democrazia “decisionista” è
funzionale alle richieste di opache “agenzie” transnazionali (come la JP
Morgan), che vogliono la cancellazione di elementi definiti “socialisti” delle
Costituzioni nate nel secondo dopoguerra, che impediscono, tutelando la persona
e il lavoro come fondante la sua dignità, la completa mercificazione
dell’essere umano al servizio del capitale globale.
3. Viene lesa la sovranità dei cittadini
(art. 1 della Costituzione): «I cittadini alla fine sono rimasti senza voce:
con un Senato non più eletto dal popolo ma da consiglieri regionali che si
eleggono fra loro; con una Camera dove, alterata la rappresentanza, domina una
maggioranza artificiale creata distorcendo l’esito del voto» (Lorenza
Carlassare).
4. La riforma Boschi-Renzi, con la
modifica del Titolo V e la “clausola di supremazia”, andando contro lo spirito
dell’art. 5 della Costituzione, apre la strada ad un neo-centralismo che coarta
le autonomie locali e toglie potere decisionale ai territori su questioni
nevralgiche: «La clausola di supremazia consente al legislatore
statale di espropriare il potere in sé, togliendo in via definitiva voce alle
istituzioni di autonomia. Su problemi come le trivelle, l’estrazione del
petrolio, le discariche, gli inceneritori, l’alta velocità, il deposito di
scorie nucleari o magari il ponte sullo stretto, la differenza è sostanziale.
Con la nuova clausola si imbavagliano in via permanente e si normalizzano le comunità
locali. Che il senato cosiddetto «dei territori» non sarebbe in grado di
difendere, essendo il suo voto superato dal diverso voto della camera proprio
per le leggi fondate sulla clausola di supremazia» (Massimo Villone).
CONCLUSIONE
La Costituzione non è un testo “sacro”
e immodificabile. La sua revisione, però, dovrà essere il frutto di un
Parlamento legittimo, realmente rappresentativo del paese reale, di un ampio
accordo di forze politiche eterogenee. Dunque, lo scontro non è fra “chi vuole
le riforme” e i conservatori, ma tra chi preferisce quella che rimane una delle
migliori Costituzioni del mondo e chi ritiene il cambiamento in sé, anche
pasticciato e pericoloso, un bene.
«Col No, il No che conta, vince invece
la società civile di questo quarto di secolo di lotte. Che ha come programma
l’unica grande riforma necessaria: realizzare la Costituzione» (Flores
d’Arcais).
[Apparso su «Messaggio d'oggi», anno LVI, n. 37/38. Grazie a Danila De Lucia].