mercoledì 9 ottobre 2013

Reverdy - Viaggi troppo grandi


Viaggi troppo grandi

Forse era la prima volta che vedeva qualcosa di chiaro. Si sentiva agganciato all’ultimo vagone del treno di lusso per qualche meravigliosa destinazione e, distrattamente, guardava il paesaggio che scivolava a ritroso molto più svelto di lui. Con la somma di tutti i particolari perduti si sarebbe potuto costruire un nuovo mondo; ma lui non aveva bisogno di nulla. Del suo ruolo, che egli giuocava con la più grande serietà, gli sfuggiva il significato.
Nelle più grandi stazioni, non c’erano abbastanza frastuoni da commuoverlo; meglio comprendeva la solitudine delle bianche casette sul dorso delle colline. Quando si costeggiava il mare vedeva solo le vele delle barche che ne precisavano i confini.
Tutto è inerte e troppo grande per i suoi occhi, per il suo cuore. La sua testa deve rimanere vuota e nulla potrebbe riempirla.
Mentre finalmente – il compito eseguito, terminate la giornata – ritornava là da dove era partito, non pensava che a quel piccolo angolo di terra che conteneva la sua vita, dove avrebbe trovato il posto giusto per morire.


(da La maggior parte del tempo, Guanda, 1966, traduzione di Franco Cavallo)

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