giovedì 24 ottobre 2013

Domenica Zanin: un modello



Ho conosciuto Domenica Zanin da bambino. L’appuntamento al Supercinema (a Piazza Bissolati, per i più giovani) per il cineforum era uno dei momenti più attesi della settimana. Lì abbiamo incontrato un cinema lieve ma anche fortemente pedagogico. Ho ereditato l’ambizione di mettere questa arte potente al servizio dell’educazione morale ed estetica. Lo faccio quotidianamente a scuola, memore di quell’insegnamento.
Ho avuto il piacere di approfondire quella conoscenza nel corso degli anni. Ho scoperto una donna atipica per la nostra città, anche in virtù della sua origine “nordica”. Stimata universalmente come Direttrice didattica, portatrice di un’innovazione che non era mai fine a se stessa, “levatrice” di schiere di ottime “maestre” (lo dico sottolineando la bellezza di questa parola), fino alla fine, mi piace ricordare, oltre a questo aspetto che già ha prodotto frutti importanti, quanto, della sua eredità rischia di andare disperso perché poco compreso. E il fatto che si tratti di una donna, in un luogo dove ancora molto c’è da fare per una parità (nella realtà e nell’immaginario) non può che amplificare i suoi meriti.
Domenica Zanin è stata una cristiana “radicale”. Capace costantemente di attingere la radice stessa della fede, andando oltre gli aspetti superficiali che, invece, nella nostra città appaiono predominanti. Nel 2009 scrivevo a proposito di chi «spesso in solitudine ha testimoniato nella nostra città la possibilità di un altro cristianesimo, non bigotto, non superstizioso, non “pio” (nella oramai duplice accezione della carità tipica dei beneventani, che ha bisogno di ostentarsi, e del culto idolatrico di Pio da Pietrelcina)». Ecco, la Zanin ha testimoniato, anche qui fino alla fine, se l’anno scorso mi chiamò per donarmi il prezioso libro di un mistico interamente dedito al dono di sé, un modo rarissimo a Benevento d’essere cristiani, capace di coniugare “ascesi” e “impegno”, senza che l’una diventi fuga dal mondo e l’altro compromesso con il “princeps huis mundi”, come nella peggior incarnazione del cattolicesimo politico. Ed era donna capace di permanente dialogo con chi, come me, viveva il cristianesimo in maniera complessa, mai aderendovi acriticamente. Come usò dire una volta Romano Prodi, insomma, «un cristianesimo adulto». Che poi sarebbe l’unico viatico disponibile alla nostra città per una maturazione complessiva, non solo morale ma anche politica. Guardare all’esempio della Zanin significherebbe, dunque, immaginare un cristianesimo impegnato ma autonomo rispetto alle gerarchie ecclesiastiche, curioso intellettualmente, aperto al dialogo con le culture diverse. Soprattutto significherebbe credere nell’impegno politico, e qui giungo all’ultima sua grande eredità che rischia di andar perduta, ma senza compromessi di sorta. Troppo spesso la “fede” è stata, per i professionisti della politica nostrani, scorciatoia per brillanti carriere. La Zanin, quando decise di spendere la sua competenza e la sua credibilità nell’agone politico, lo fece con spirito di reale servizio. Non fu un’esperienza fortunata. Ma, anche in questo caso, sono convinto che solo da persone che guarderanno al suo esempio potrà nascere una svolta profonda nella sempre più deprimente scena della politica beneventana.
Un’autrice che la Zanin amava molto, Simone Weil, scrisse che avremmo bisogno di una santità all’altezza del nostro tempo. Ebbene, io credo che lei abbia sempre tenuto fede a questo appello, cercando di essere una donna di fede e un’educatrice integrale all’altezza dei bisogni del proprio tempo. È per questo che molti di noi la ricorderanno con gratitudine e guarderanno a lei come un modello da imitare.

(Articolo apparsa su «Il Vaglio» nel 2013)

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