sabato 9 novembre 2013

Per aspera - La Prefazione di Franco Arminio




Caro Nicola,
la tua poesia mi sembra una poesia religiosa, consapevole che oggi la nostra crisi prima che economica è teologica. I tuoi versi sono meditati, sofferti,  messi in forma con grande misura e perizia. Forse c’è un eccesso di sapienza, forse in qualche caso le parole stanno con la testa ferma sul rigo, tese ad ascoltare e farsi ascoltare.
Non so, ma ogni volta che leggo una raccolta di versi, comprese le mie, ovviamente, sento sempre che dovremmo fare altro. Sento che oggi la poesia sta meglio se è nascosta in organismi più vasti, se non avanza a volto scoperto, tutta circondata dal bianco degli accapo. Abbiamo bisogno di sacro ma non in forma cerimoniale, in forma di fenditure, di incrinature. Mi sarebbe piaciuto leggere queste tue poesie mischiate al libro in cui parli degli autori a te cari. Mi emoziona l’idea di una poesia che si fonde con la riflessione saggistica. Forse siamo chiamati a servire la poesia, più che a servircene. Il difetto delle raccolte di versi forse è proprio nel presentare solo i filetti, i lacerti della nostra esperienza, tralasciando le budella, i tendini le vene, il sangue nero dello squartamento.
Io credo che tu abbia una straordinaria capacità di lettura, nella lettura sai essere spericolato, sai cercare con ardore il cuore di chi scrive. Nei tuoi versi, invece, è come se fossi un po’ frenato dalla tua stessa sapienza, dal tuo rigore. Comunque il tuo lavoro è tra i pochi che vale la pena veramente di seguire. Nel tuo scrivere c’è una straordinaria lucidità e un filo cordiale, accorato. Essere acuti senza essere gentili non serve a niente. E tu sei acuto e gentile.

Franco Arminio

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