venerdì 15 novembre 2013

Per aspera - Annalisa Ucci


I versi, parole messe insieme, parole spesse volte divise da un abisso che inspiegabilmente si fondono o si susseguono in maniera impeccabile, danno vita ad una poesia. La poesia, concedetemelo: uno straordinario mezzo comunicativo. Sì, è vero, di frequente banalizzato e mercificato, impiegato in maniera semplicistica e addirittura maltrattato. Nonostante tutto resta pur sempre  un singolare e raro modo di raccontarsi e raccontare, spiegarsi e spiegare, un costante processo di darsi e ricevere.  Detto questo, credo sia una interessante lettura la nuova raccolta di Nicola Sguera, ormai noto nome beneventano, una raccolta, appunto, di poesie comprese nel ventennio 1990-2010. Per aspera, il titolo del suo ultimo lavoro, nasce proprio come una necessità, come lui stesso spiega: «Ho avvertito il bisogno di mettere un punto fermo in un percorso molto lungo» [...].
Il 1990 è la data della scomparsa della madre cui è dedicata la prima sezione di poesie, comprese sotto il titolo generale di “Matrix” [...]. 
Il titolo della raccolta è chiaramente di derivazione latina, «Per aspera sic itur ad astra», un percorso attraverso le asperità per giungere alla luce o, più letteralmente, alle stelle. [...]
«Poiché io mi reputo un homo viator, quindi un pellegrino, in quieta ricerca, vorrei che le persone empaticamente, leggendo i miei versi, avvertissero questa dinamica trasformativa, itinerante e venissero aiutate, semmai,  a fare il loro percorso».
Dunque è vero si che si parla di vicende personali , ma tale soggettività dovrebbe servire come invito, un’esortazione a ciascun lettore a compiere un proprio percorso e, di conseguenza non leggere la persona–autore di quei versi. Un legame saldo in tutto il lavoro svolto, una consecutio tra titolo, immagine di copertina, componimenti e finale che vanno a chiudersi a cerchio, custodendo quel ventennio sì, ma puntando verso la luce.
Vicende personali si alternano anche ad avvenimenti di attualità e sociali, raggruppati sotto la voce “Cronache”, seguite da “Bestiario” e “Percorsi d’Esodo”, inteso nella sua accezione biblica, un sinonimo di ritorno alla fede ed infine “Seme”, in cui si parlerà della moglie e della figlia. Uno scrigno prezioso questa raccolta, che ha tanto da comunicare.
Per quanto riguarda l’aspetto più propriamente tecnico, Nicola afferma: «Personalmente ritengo di avere, come dire, una mia musica. Che non è una musica codificabile, ma cerco sempre di ascoltare quella musica che in quel momento mi risuona nella testa attraverso le parole e limarla sempre si più» [...].
Nel 2010, proprio nel “luogo dell’anima” ovvero la casa in campagna tanto cara a Nicola, lui stesso, durante le meditazioni estive, ha avvertito che si fosse chiuso un percorso di ricerca poetica e ne stesse iniziando un altro su cui non ha grandi certezze, ma ne menziona i punti di riferimento come le letture delle poesie di René Char  o la scoperta dirompente di Eraclito ed in genere il pensiero presocratico, linee guida di questa sua nuova fase. 


La prefazione di Franco Arminio  e l’introduzione di Luca Rando lasciano intendere  ancora meglio il significato del lavoro di Nicola Sguera, figlio della poesia del ’900 [...].

L'articolo completo su «BMagazine».

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