Bobby Falvella, socialista ed ecologista senex/puer, sempre vitalissimo e stimolante, ha letto il mio libro, ne ha scritto, come sempre in maniera essenziale. Lo ringrazio. Ha aggiunto, poi, su Facebook, una domanda: «La morte è cosa stupida e crudele: stupida perché distrugge preziose memorie e patrimoni di cultura faticosamente accumulati (miliardi di gigabyte), crudele perché spezza legami ed affetti, produce dolore e sofferenza. L’entità (che... avrebbe progettato ed organizzato questo incredibile disastro ecologico) può essere definita benigna ed intelligente? Non rispondere che il disegno divino non è conoscibile perché, invece, è chiarissimo e risulta (valutato con lo strumento della logica) stupido e crudele. Non rispondere che la logica non è tutto, perché, invece, è l’unico strumento di pensiero razionale che proprio il disegno divino ci... avrebbe assegnato».
Sostanzialmente le critiche che mi muove sono due:
1) coltivare il sogno di una prossima palingenesi sociale;
2) militare in formazioni politiche irrilevanti.
Quindi, una critica alla teoria e una alla prassi.
Alla prima critica rispondo che il mio pensiero si è nutrito negli anni di quella “corrente calda” (Bloch) della tradizione socialista/comunista, che prende avvio, nella mia lettura, dalle lotte contadine della Germania riformata. Nella “lunga durata”, il comunismo non è “scienza” (come pretese Marx) ma aspirazione morale alla giustizia, con un profondo radicamento “religioso”. Quella che Falvella definisce «palingenesi sociale» è la stella polare che deve guidare il nostro agire. Non una necessità “provvidenziale” o “immanente” della storia. Ma, per citare il mio maestro Fortini, la «Gerusalemme celeste» che ci permetta di cogliere l’imperfezione e l’ingiustizia radicale di questa civiltà terminale (ma che potrebbe anche non finire mai di finire…). L’attesa del “Regno di Dio” (che mai si realizzerà sulla terra), annunziato da Gesù in Palestina, è il prototipo di un annunzio che sprona all’azione: «Spianate le montagne, il Signore arriva».
Al secondo rilievo rispondo dicendo che, se ci troviamo di fronte ad un tempo “terminale”, come dice Marco Guzzi “apocalittico”, le strategie riformatrici non incidono, non intaccano minimamente le strutture malate e corrotte a livello sociale ed economico delle nostre civiltà. Però vorrei anche ricordare a Bobby che l’epigrafe scelta per il libro, dopo molti tentennamenti, dice di fare il possibile e sognare l’impossibile… Anche nel piccolo della mia realtà cittadina, non mi sono mai tirato indietro nel “fare”. Anche qui, però, reclamando, prima di tutto con me stesso, una radicalità che aspirasse a cambiamenti reali.
Infine, sulla questione “Dio”… Una tradizione aurea di pensiero, che parte da Plotino, mi ha insegnato che l’unico atteggiamento legittimo nei confronti di ciò che chiamiamo per convenzione “Dio” è la docta ignorantia. Non reclamo neanche il “sentimento” o la “fede” come organi di conoscenza del divino. Mi appello, invece, all’esistenza, contro ogni logica, del bene nel mondo. Perché, chiedo a Bobby, agisci moralmente? Perché ti preoccupi di piante, animali e uomini? Perché la sofferenza ti indigna? Io credo che il bene in te sia il segno visibile, questo sì, direi tangibile, che il Bene è, in un modo misterioso e combattuto, nel mondo. Questo è il mio Dio, che insieme a noi, attraverso di noi, diviene. Non credo nel Dio delle religioni rivelate, nel Dio onnipotente. Credo in un Dio impotente, crocifisso ogni giorno nelle sofferenze e nella morte. Per questo sento vicini nella fede persone come la Hillesum: «Non mi faccio molte illusioni su come le cose stiano veramente e rinuncio persino alla pretesa di aiutare gli
altri, partirò sempre dal principio di aiutare Dio il più possibile e se questo mi riuscirà, bene, allora vuol dire che saprò esserci anche per gli altri».
P.S.
Definisci i miei genitori, che hai conosciuto bene «ultrareazionari». Per amor di verità, vanno dette due cose. La prima è che erano democristiani convinti, in un tempo in cui, come ben sai, la DC era tutto e il contrario di tutto. La tua espressione si potrebbe equivocare e amplificare il senso del mio “tradimento” familiare e di classe… Ma, soprattutto, mi sta a cuore ribadire, come implicitamente nella dedica a mia madre del libro, che lei è stata la radice non solo del mio essere ma anche del mio pensiero e del mio agire. Da lei ho imparato il rispetto quasi religioso per gli umili, da cui naturalmente è scaturito quello che tu definisci “cristianocomunismo”. Senza mia madre e, aggiungo, senza mia nonna, non avrei mai, probabilmente, capito cosa sia la compassione.
1 commento:
Amo la vita che ho vissuto, nel bene e nel male, ma non vorrei riviverla. in febbrile ricerca mi piace andare avanti e, se potessi, dopo aver letto questa paginetta, vorrei solo ritornare a scuola, per riprendere il primo posto dinanzi alla lavagna ed avere a destra un vecchio compagno da poco scorparso, Nicola Sacchetti, e a sinistra Nicola Sguera, un giovane compagno da poco comparso.
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