Si sono rigenerati spazi di silenzio, di ascolto, di
relazione familiare, di lettura, di godimento di una Natura sempre madre,
soprattutto in questa primavera che tanto ha tardato ad arrivare, ma finalmente
è giunta con il suo fiorire d’erbe e rose.
Due cose però le voglio dire.
La prima ad alcuni amici. Mi hanno scritto in pubblico che,
insomma, era meglio che stavo zitto, «la mia occasione» l’avevo avuta, basta
chiacchiere. Dico, in amicizia, a costoro che la parola e la scrittura sono gli
unici “arnesi” a mia disposizione. Continuerò ad usarli e tutti saranno liberi
di non leggere o addirittura di eliminarmi dai propri contatti. Non me ne
adonterò. Lo faccio anch’io quando trovo inutile interloquire con qualcuno. Io
continuerò ad esercitare un pensiero che è sempre stato libero, anche quando si
metteva al servizio di una causa condivisa. Continuerò ad esercitare un “pensiero
divergente”, tanto più necessario al tempo del “pensiero unico” (qualunque sia
la sua matrice). Spesso sarò frainteso. Lo metto in conto. È accaduto spesso
anche in passato quanto, ad esempio, Giancristiano Desiderio mi accusava di
essere inconsapevolmente uomo di destra. È il mio destino. Oramai devo farmene
una ragione.
La seconda, pare difficile da capire. Uscire dal Movimento 5
Stelle non significa rinnegarne la “visione” del mondo, che trovo tutt’ora
condivisibile quasi integralmente, né tanto meno “ritornare” alle mie origini
politiche. Quand’anche lo volessi fare (e non lo voglio) troverei una
cittadella semidiroccata, che i suoi stessi abitanti devono abbandonare per
sopravvivere. E dunque? Considero prioritario studiare e capire questo tempo a
livello planetario, europeo ed italiano. Però devo anche continuare, con
strumenti da creare, a capire la mia comunità (e questo mi mancherà dolorosamente
del consigliere comunale). La semidiroccata “sinistra” italiana ha perso di
vista la realtà, si è rifugiata in una “ideologia” cieca anche perché non abita
più comunità e territorio. Esiste una formula per quello che auspico? Un
populismo eco-comunitario: attento all’ambiente, alla giustizia sociale, alla
democrazia partecipata (e digitale). La difficoltà, come sempre, sarà costruire
questa nuova casa mentre la storia procede, non in vitro o partendo da sedicenti
“classi dirigenti” senza popolo ma da bisogni reali, senza avere paura del
tempo che ci vorrà ma anche sapendone l’urgenza. Soprattutto senza cercare
facili scorciatoie.
P.S.
Voglio ringraziare qui alcune persone che mi sono state particolarmente vicine in queste settimane "difficili": Vittoria Falvella, Antonello Rapuano, Angelo Varricchio, Paolo Parrella e Domenico Porcaro. Tutti sono stati un «riparo sotto l'albero».