«O Freunde, nicht diese Töne!»
Il celebre verso venne ripreso da mio amato Hesse. Lo dico ai miei compagni di viaggio, quasi ex, a quelli che vorrebbero gentilmente ma con decisione accompagnarmi anzitempo alla porta, a chi mi considera un «cretino», a chi mi definisce una «zecca rossa», a chi ritiene che non la mia adesione al M5S sia stata un grande inganno (per me, vorrei chiedere, o per voi, e poi... a che pro?).
Mi piacerebbe, come già detto, che, se anche questo fosse il mio ultimo contributo alla vita di un movimento cui ho dedicato gran parte dei miei ultimi quattro anni, potesse servire se non altro a creare forme e modi degni di una grande e plurale forza politica. Nessun tradimento, dunque. Tutto alla luce del sole. Le mie dimissioni già pronte, in attesa solo della nascita di un governo penta-leghista che, per questioni non ideologiche ma valoriali (pre-politiche in buona parte) non potrà che vedermi critico, a prescindere dal “contratto” sottoscritto che il buonsenso suggerisce essere, alla bisogna, carta straccia.
Nel rovello di questi giorni vorrei aggiungere un ulteriore elemento di riflessione.
Tutti ricorderanno la presentazione della squadra di eventuali ministri che Luigi Di Maio presentò in campagna elettorale. Erano nomi non notissimi ma sicuramente di grande spessore. Tra essi spiccavano i nomi di Pasquale Tridico e Andrea Rovantini, entrambi economisti neo-keynesiani.
Il primo in particolare si è speso moltissimo per mostrare come il reddito di cittadinanza fosse misura possibile, oltre che doverosa in questa fase di crisi. Ebbene, il professore, dopo l’avvio della trattativa con la Lega, ha fatto più di un passo indietro:
«Troppe differenze, inconciliabili, con il programma della Lega su questioni fondamentali come il fisco, l’Europa, il Mezzogiorno, gli investimenti, i migranti e i diritti civili». Mi chiedo (e chiedo ai miei amici): un Ministro in pectore (e che Ministro) fa un passo indietro e un umile portavoce di una piccola città di provincia di un Meridione vessato dalla Lega (ex Lega Nord), colonizzato dai Piemontesi, non può nutrire perplessità enormi su un accordo così gravido di rischi?
All’epoca si disse che quasi tutta quella squadra guardava (secondo vecchie categorie) “a sinistra”.
Lo stesso Tridico, nelle interviste, non ha mai nascosto la sua formazione.
Qualcuno arrivò a scrivere: «Il cuore del M5S batte a sinistra».
Repetita iuvant. Non mi interessano le vecchie categorie se non per rimettere al centro della discussione la questione delle questioni: la giustizia sociale, disertata da chi doveva farsene garante in un'epoca in cui le differenze sociali si moltiplicano paurosamente. La Lega sarà il partner per realizzare questa rivoluzione? Ne dubito seriamente, come credo Tridico.
Dove vado a parare? È vero che Di Maio ha sempre detto in campagna elettorale che si sarebbe dialogato con tutti, ma, mi chiedo, quella squadra di governo era o no un segnale forte di quale direzione privilegiata si volesse percorrere?
Vengo, con questa premessa, alla conclusione della breve nota odierna, mentre seguo l’evolversi della vicenda, e rispondendo alla domanda di molti: quale l’alternativa? Per me, e l’avevo scritto tre post fa, chiarissima: andare al voto entro l’anno, profittando per altro di un PD in disarmo (e dal cui elettorato è provenuto gran parte del surplus elettorale nel Sud del 4 marzo). Sono certo che si sarebbero aperti scenari nuovi. A quel punto si sarebbe potuto intavolare una trattativa senza remore – nel caso in cui non si fosse raggiunta la piena autonomia parlamentare - con forze costrette a cambiare dai propri stessi elettori. Ora, invece, stiamo trattando con un politico scaltro, che non ha mai rotto con Berlusconi, che con lui anzi governa interi territori, che nulla perderebbe nel rompere in un qualunque momento il patto che sta stringendo (rimanendo leader di una coalizione di centro-destra comunque forte se non addirittura egemone).
Gli amici arrabbiati per le mie esternazioni mi dicono: fidati e lasciali lavorare. Ma, rispondo, se non ora quando dovrei parlare? Quando dire che secondo me è un vicolo cieco? Spes ultima dea, ho scritto qualche giorno fa. Nelson Mandela ha detto: «Possano le tue scelte riflettere le tue speranze, non le tue paure». Ricordo ancora che Dario Fo, il “nostro” Dario, ha detto che Salvini cavalca le paure delle persone. Il M5S per me è (è stata?) la speranza di una “rivoluzione gentile”: dei modi, delle forme, dei contenuti della politica. L’abbraccio con un partito fondato sulla paura e la regressione identitaria temo possa soffocare questa fiamma bella. Mi auguro di cuore che non accada.
Se dovesse accadere, comunque, non sarà stato tutto vano. Sono persuaso che il M5S abbia meriti straordinari. A prescindere dalla sua evoluzione non saranno cancellati. Ma di questo scriverò un’altra volta.
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