«C'è più assennatezza nel tuo
corpo che nella tua più assennata saggezza». Così scrive Nietzsche nello
Zarathustra, proseguendo quella riabilitazione del corpo nel pensiero occidentale avviata dal suo “maestro” Arthur Schopenhauer, dopo secoli in cui la «res cogitans» era stata ritenuta
guida autonoma e “absoluta”.
La vecchiaia (sto vivendo il mio
cinquantesimo anno di vita pur continuando a percepirmi nei sogni e in certi
momenti onirici, di stanchezza, della vita quotidiana come un adolescente)
conferisce al tema una sua verità incarnata. Sono già diversi anni che mi
confronto con dolori, malattie, problemi. Ho iniziato con l’ipertiroidismo
esploso alla morte di madre (nel 1990), ho proseguito con l’‘ipertensione, il
diabete alimentare, le emorroidi... Tutte patologie emerse in concomitanza con
svolte della mia vita, come la nascita di Caterina. Insomma, il corpo è stato
sempre la mia “verità” più profonda. Eppure ogni problema l’ho affrontato
sempre con la certezza di un superamento. La “salute” era solo questione di
buona volontà, di impegno, di costanza. Ho favoleggiato, fino a due anni fa, di
un “corpo guerriero” da costruire tra palestra, corsa e pallone, dopo aver
trascurato l’obiettivo nella mia giovinezza o nella maturità. L’assennatezza
del mio corpo (in una direzione esattamente opposta da quella che avrebbe auspicato
il “pazzo” di Röcken) mi dice, invece, che è iniziato il tempo della
irrevocabilità dei mali, piccoli e grandi: in tendine di Achille non guarirà, l’infiammazione
del sovraspinoso tornerà ciclicamente, l’apparato digerente è guasto...
Insomma, il mio corpo mi sta educando al limite: non posso giocare o correre come prima, non posso mangiare o bere come prima, non posso stare ore e ore seduto a leggere o scrivere come prima. Ogni volta che varco questo limite sto male, con impacchi di ghiaccio, Maalox o rimedi omeopatici, tecar, ultrasuoni, lunghi digiuni.
E allora: grazie, corpo, per la tua saggezza, per la tua scienza esatta del limite. Troppo a lungo ho abusato di te. Attraversiamo insieme questo tratto di strada che ci aspetta, lungo o breve che sia. Ti prometto il rispetto che la mia incoscienza giovanile non ha mai avuto. Che anche questa stagione abbia le sue gioie più sottili.
Insomma, il mio corpo mi sta educando al limite: non posso giocare o correre come prima, non posso mangiare o bere come prima, non posso stare ore e ore seduto a leggere o scrivere come prima. Ogni volta che varco questo limite sto male, con impacchi di ghiaccio, Maalox o rimedi omeopatici, tecar, ultrasuoni, lunghi digiuni.
E allora: grazie, corpo, per la tua saggezza, per la tua scienza esatta del limite. Troppo a lungo ho abusato di te. Attraversiamo insieme questo tratto di strada che ci aspetta, lungo o breve che sia. Ti prometto il rispetto che la mia incoscienza giovanile non ha mai avuto. Che anche questa stagione abbia le sue gioie più sottili.
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