La riflessione sulla tecnica è assolutamente centrale nel mio percorso almeno da quando incrociai un testo cui torno ancora spesso: L’uomo è antiquato II di Günther Anders.
Quella lettura si innestava su una tendenza, di ascendenza roussoiana e romantica, ad esaltare la natura e la vita naturale, vedendo con sospetto il “progresso”. Anche come docente ho sempre dato molta enfasi al combinato costituito dalla rivoluzione scientifica, lungo l’asse tecno-scientifico Cartesio-Bacone, e dalla rivoluzione industriale. L’incontro con Heidegger nella seconda metà degli anni Novanta avrebbe dato spessore di pensiero a questi atteggiamenti ereditati probabilmente dall’ambiente familiare (ramo materno). Eppure non sono mai stato un tecnofobo. Al contrario ho sempre sperimentato con curiosità, salutando, ad esempio, la rivoluzione informatica con entusiasmo e mettendo da subito in atto la mia “migrazione digitale”. Anche come docente ho sempre sperimentato innovazioni e cercato di utilizzare la tecnologia a supporto di una didattica più coinvolgente (al punto da abolire il libro di testo oramai da quattro anni e facendo lezione sempre con la LIM).
Questo preambolo era necessario per dare un senso alle riflessioni sulla mia ultima lettura: La seconda rivoluzione delle macchine. Lavoro e prosperità nell’era della tecnologia trionfante di Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee (Feltrinelli, 2015), per altro letto (e sottolineato) rigorosamente in formato digitale.
Il mio consiglio a chi volesse leggerlo è di iniziare dall’ultimo capitolo [La tecnologia e il futuro (che è molto diverso da “la tecnologia è il futuro”)] che dà le coordinate del lavoro svolto dai due studiosi.
Il libro, a mio avviso, è molto onesto intellettualmente: gli autori dichiarano di essere ottimisti, ma, nello stesso tempo, non nascondono i rischi che la rivoluzione in atto potrebbe comportare e che sono difficilmente calcolabili.
Essi ritengono che «la nostra generazione avrà la fortuna di vivere i due più incredibili momenti della storia: la creazione della vera intelligenza artificiale e la connessione di tutti gli umani tramite una rete digitale comune, eventi che trasformeranno l’economia del pianeta. Innovatori, imprenditori, scienziati, smanettoni e tanti altri». Riconoscono che tali innovazioni stanno producendo un’incredibile abbondanza ma, nello stesso tempo, enorme diseguaglianza e rischi sulla sicurezza imponderabile.
Scorrendo l’indice è facile cogliere le tesi centrali del libro.
1. Le grandi storie
2. Le capacità delle nuove macchine: la tecnologia va in fuga
3. La legge di Moore e la seconda metà della scacchiera
4. La digitalizzazione di tutto o quasi
5. Innovazione: declino o ricombinazione?
6. Intelligenza umana e artificiale nella seconda età delle macchine
7. Cornucopia informatica
8. Oltre il PIL
9. Il divario
10. I veri vincenti: star e superstar
11. Implicazioni dell’abbondanza e della disuguaglianza
12. Imparare a correre con le macchine: raccomandazioni per i singoli
13. Raccomandazioni politiche
14. Raccomandazioni a lungo termine
15. La tecnologia e il futuro (che è molto diverso da “la tecnologia è il futuro”)
Ci troviamo nella seconda “metà della scacchiera”, nell’epoca in cui tutto viene digitalizzato e la potenza combinatoria delle macchine produce innovazioni sconvolgenti, preludendo ad un’integrazione tra intelligenza umana e artificiale. In questo contesto ci sono vincenti (le “superstar” in ogni ambito che massimizzano i profitti) e i perdenti, messi ai margini. L’ultima parte del libro è dedicata a “raccomandazioni” che riguardano il singolo (la parola d’ordine sia integrarsi con le macchine, non combatterle) e la politica.
Condivido la percezione di una soglia epocale che l’umanità sta varcando. Il limite degli autori è però quello di cogliere solo un aspetto di un balzo in avanti evolutivo che riguarda ben altri ambiti dell’umano (e del cosmico), non solo quello tecnologico, che ne è solo una parte, rivelando, più in generale, come un approccio settoriale conduca inevitabilmente ad una visione parziale dei processi in atto.
Ho apprezzato molto le pagine sulla necessità di una nuova educazione all’altezza della rivoluzione in atto, valorizzando soprattutto la creatività ed imparando ad integrare seriamente le tecnologie nei processi di apprendimento.
Dissento dalle soluzioni politiche proposte che non tengono conto dello sconvolgimento in atto in molte parti del pianeta che ha prodotto immense sacche di disagio e povertà. Insomma, le soluzioni su questo piano non possono essere di lungo periodo (nel quale saremo tutti morti). Né tanto meno è possibile giustificare tutto ciò come una conseguenza spiacevole di un processo nell’insieme positivo (come accadde a molti intellettuali ottocenteschi). È necessario, al contrario, che lo gli Stati, recuperando capacità di decisione, dopo aver abdicato a favore di un mercato globale totalmente deregolamentato, intervengano a tutela dei cittadini. Con onestà i due autori dedicano diverse pagine al reddito minimo o di cittadinanza: «Sarà necessario rispolverare l’idea del reddito base nei decenni a venire? Forse, ma non è la nostra prima scelta». Ecco, qui il mio dissenso è radicale. Anche perché le critiche al reddito di cittadinanza nascono da una fondamentale incomprensione: esso non è in alternativa al lavoro ma dovrebbe permettere di integrare il reddito da lavoro. A mio avviso è l’unica scelta sensata per i prossimi anni in cui aumenteranno vertiginosamente la produttività e le diseguaglianze.
Consiglio caldamente la lettura di questo libro. Anche per chi, come me, avrà forti perplessità sulle soluzioni sarà utile a capire almeno un aspetto della grande rivoluzione antropocosmica in atto. L’importante è non fermarsi qui, esplorando quanto di apocalittico (e rigenerativo) sta accadendo negli “inferi” della coscienza umana, nell’ecosistema, nelle grandi religioni storiche.