giovedì 23 febbraio 2017

La rivoluzione gentile 10 (Benevento decrescente e resiliente)


Nel 2012, nella “Introduzione” a In quieta ricerca, riprendendo Latouche (e Guzzi), scrivevo: «Stiamo vivendo un tempo “apocalittico”, con l’emergenza contestuale di quattro crisi: ecologica, energetica, economica e psichica. Il rischio concreto è quello di un vero e proprio “collasso”».
La decrescita appare, dunque, non come una bella teoria ma come una improcrastinabile urgenza storica.
Ispirata dalle teorie sulla “convivialità” di Ivan Illich, ma strutturatasi dall’incontro e dall’impollinazione reciproca tra varie discipline, la decrescita, in tutte le sue declinazioni, mette in discussione tre grandi miti della modernità: sviluppo, progresso e globalizzazione.
Essa elabora un nuovo “paradigma”, che viene scandagliato in un’opera collettanea, a cura di Marco Deriu: Verso una civiltà della decrescita (Marotta & Cafiero). Il libro raccoglie saggi di diversissima impostazione che illuminano vari aspetti del nuovo paradigma.
Personalmente la “decrescita” è stata uno dei miei viatici verso il MoVimento 5 Stelle, venendo da una storia che era dentro quella di una sinistra eretica ed ecologista, oramai a mio avviso ostaggio di piccole oligarchie autoreferenziali (cosa per altro confermata dalle vicende politiche, molto tristi, di questi giorni.
Spesso si ironizza su una presunta mancanza di “cultura” del MoVimento. È quindi particolarmente emblematico ritrovare molti degli autori del libro spesso presenti sul Blog. Non solo ovviamente il maggiore tra questi, cioè Serge Latouche.
Le questioni ambientali ed energetiche sono decisive per il MoVimento, e non a caso da esse si è partiti per la definizione del Programma.
L’approdo al MoVimento ha significato, per me, riconoscere che, per resistere alla globalizzazione, l’azione “dal basso” è necessaria ma non sufficiente. Bisogna entrare nelle istituzioni, sempre rimanendo collegati all’attivismo che funga da nutrimento vitale, ma costringerle a modificare il proprio agire, contribuendo alla costruzione di comunità locali.
Come attivista del M5S nella mia città mi impegno nella costruzione quotidiana di un’utopia “concreta”: Benevento “decrescente”. Che non significa povera. Questo è un equivoco clamoroso in cui incappano coloro che solo superficialmente conoscono la decrescita.
Per questo motivo io e Marianna Farese abbiamo deciso di discutere del libro (con Salvatore Esposito) nell’Aula Consiliare. Abbiamo lanciato una sfida virtuosa alla maggioranza, appellandoci a tutti gli uomini “bonae voluntatis”. Nel “Programma” della Giunta Mastella, infatti, si parla di «città ecostorica» e di «conversione ambientale». Parole bellissime che devono però diventare scelte concrete: il depuratore, la qualità dell’aria e il varo di un Piano Urbano di Mobilità Sostenibile, l’incentivazione all’uso della bicicletta, il divieto per l’uso dei diesel, maggior responsabile della presenza nell’aria del biossido di azoto che causa 70.000 morti all’anno di cui 21.000 in Italia, la concreta realizzazione di Zero-Waste o, meglio di un E-Waste-conversion, la creazione di orti urbani utilizzando i terreni incolti di proprietà comunale. Benevento potrebbe entrare nella logica di medio/lungo periodo delle città “di transizione” che gradualmente limitano fino ad abolire l’uso dei combustibili fossili.
«La rilocalizzazione rappresenta lo strumento strategico più importante per realizzare la decrescita e, allo stesso tempo, uno dei suoi obiettivi principali». Così scriveva Latouche nella “Prefazione” al bel libro di Salvatore Esposito. Deponendo le “magnifiche e progressive” fole in stile piattaforma logistica, grande capacità et cetera, di una sinistra “crescente” e prometeica, bisogna, appunto, “rilocalizzare”. Qui misuriamo l’abissale distanza rispetto alla “sinistra”, che in Italia e a Benevento è vocata ad una miope globalizzazione priva di qualunque consapevolezza ecologica.
Benevento, dunque, in decrescita, Benevento città di transizione, ma anche, necessariamente, Benevento “resiliente”, soprattutto dopo il monito dell’alluvione.
Pensando di fare ironia, un noto attivista beneventano, oramai arruolato in pianta stabile nel contro-Movimento 5 Stelle, e evidentemente evocando il mio essere un docente di filosofia, ha scritto: «Per amministrare un Ente locale serve meno filosofia e più concentrazione sugli atti amministrativi». In questo modo ha mostrato come anche persone di spessore e con una storia alle spalle risultino poco attrezzate ad affrontare un tempo gravido di incognite, come detto, per una volta in maniera condivisibile da Massimo Cacciari. La scala locale, la città, può essere il luogo di esperimenti e vie nuove. A patto, dico a Corona, sapendo che non potrà capire (non perché poco dotato ma perché il suo paradigma è tutto novecentesco), che si sappia coniugare «filosofia» e «atti amministrativi», gestione del presente e sguardo lungo. Soprattutto sulle grandi tematiche ecologiche.
Il compito che abbiamo di fronte è immane. Avremo bisogno di tutte le risorse buone della tradizione: scientifiche, etiche, artistiche, spirituali, nella consapevolezza che la felicità ha poco ha che fare con la ricchezza materiale e nasce soprattutto dalla qualità delle nostre relazioni.
Come scrive Deriu nel bellissimo libro da lui curato:

«Il superamento dell’era della crescita capitalista coincide dunque con una sorta di re-framing, un mutamento nell’autorappresentazione del genere umano. Già oggi, e più ancora in futuro, pratiche, esperienze e progetti sono frutto e conseguenza di un essere umano che non si pensa più separato né dalla comunità cui appartiene né dalla natura da cui trae nutrimento. La transizione verso una società della decrescita in questo senso si deve fondare sull’etica, l’estetica e l’ecologia delle relazioni, sull’idea di un essere umano la cui esistenza e soggettività è radicata ed emergente in un vasto e complesso tessuto di rapporti e interdipendenze. Da questo punto di vista vivere nei limiti non significa altro che riconoscere e stare alla misura delle relazioni più vitali, sia in termini sociali che ambientali».

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