lunedì 3 ottobre 2016

Verso il referendum costituzionale I [Perché no]



L’appuntamento del 4 dicembre è senza dubbio la più più importante scadenza elettorale degli ultimi anni. In questi giorni è partita la controffensiva mediatica dei sostenitori del Sì su scala nazionale e locale. Questo è un esempio, con nome e cognome, di chi dall'alto di non si sa quale certificata preparazione si permette di mettere in discussione le competenze altrui. La strategia è screditare i sostenitori del No, non fermandosi neanche, lo ripeto, di fronte al dileggio e che va ben oltre un confronto dialettico. L'ho scritto e l'ho ripeto qui: io non sono disposto a tollerarlo. Lascio ai lettori ogni riflessione su quanto scrive, ad esempio, un tale, novello Calamandrei "de noiantri", (s)qualificato già dal suo linguaggio scurrile e dal suo attacco personale:


Purtroppo già il fatto che si sia in un clima da stadio di scontro fra fazioni è una conseguenza pessima delle scelta di fare una riforma a colpi di maggioranza: «Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione di ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti» (art. 138). Ma era inevitabile che ciò accadesse, non essendoci le condizioni, in una Parlamento delegittimato dalla sentenza della Corte Costituzionale sulla legge elettorale che lo aveva eletto, per una riforma “strutturale” della Parte seconda della Carta relativa all’Ordinamento della Repubblica con la modifica di oltre quaranta articoli.


Come ha detto il prof. Baldini nell’incontro con cui il M5S di Benevento ha avviato la campagna referendaria, alla fine ci sarà sicuramente una vittima: la Costituzione stessa che, cessando di essere il luogo di unione sociale e civile degli Italiani, sarà divenuta oggetto di contesa senza esclusione di colpi. Questa è un’enorme responsabilità storica di una sedicente classe dirigente (che guida l’Italia dal 2013 dopo l’esautoramento di Berlusconi da parte della governance politico-finanziaria europea e globalizzata), figlia del progetto stesso che ne sorregge l’operato, e che va sempre ricordato: il pareggio di bilancio (invero del 2012 ma fondamentale per tale progetto politico), il jobs act, la “buona scuola”, la riforma costituzionale. Sono tasselli di un unico grande progetto politico.
Per questo motivo non bisogna cadere nel tranello dei sostenitori del Sì, organizzati spesso in maniera squadristica, soprattutto quando si è iniziato a percepire il rischio concreto di una disastrosa sconfitta referendaria, che costituirebbe inciampo a questo progetto politico, certamente voluto dall’Europa e che ha avuto come regista poco occulto in Italia Giorgio Napolitano, dal quale proprio nei giorni scorsi è partita la controffensiva, che ha visto nel confronto Renzi-Zagrebelsky la prima battaglia decisiva.


I sostenitori del Sì, quelli nostrani con i quali ho provato a confrontarmi, tenderanno a dimostrare che basta la conoscenza della Costituzione del 1948 e lo studio “neutrale” della riforma Boschi per votarla entusiasticamente il 4 dicembre. Per questo non esiteranno a screditare i sostenitori del No, cercando di mostrare che essi non conoscono la Costituzione e non hanno studiato la riforma. La loro arma sarà il dileggio. Da questo punto di vista è già abbastanza facile smontarne le tesi. I maggiori studiosi di diritto costituzionale sono tutti schierati sul fronte del no.
Il mio suggerimento è, dunque, non solo quello ovvio di studiare la riforma anche nei suoi aspetti tecnico-giuridici ma esercitare costantemente il sospetto, chiedendosi: perché questa riforma? Chi l’ha voluta? Al di là dei tecnicismi come potrebbe cambiare l’assetto del nostro paese? Se già ad una lettura “tecnica” (in questo rinvio agli ottimi articoli di Vincenzo Baldini) essa appare discutibile, quando la si legge all’interno del progetto più ampio di rafforzamento del potere esecutivo finalizzato a decisioni celeri che non abbiano l’ostacolo di un organo legislativo troppo autonomo e articolato, ebbene allora tutto diventa più chiaro. Mettiamo insieme i due approcci:


«L'analisi compiuta secondo un metodo scientifico conduce, in conclusione, ad un giudizio recisamente negativo sui contenuti della legge costituzionale di riforma.
Si tratta di un cattivo riassetto organizzativo che, più che compiere un passo in avanti nella costruzione di un modello di "democrazia decidente" cerca di affermare in modo surrettizio le condizioni di una democrazia decisionista, infarcita di soluzioni procedurali atte ad affermare la supremazia di una maggioranza e a sgomberare, all’Esecutivo, ogni ostacolo sulla via della libera decisione» (Vincenzo Baldini, Professore di Diritto Costituzionale, Università di Cassino).

Questo è il motivo principale per il quale io voto no e invito tutti a difendere una Costituzione (sicuramente perfettibile) da una riforma pericolosa.




[01. continua]

Nessun commento: