L’appuntamento del 4 dicembre è senza dubbio
la più più importante scadenza elettorale degli ultimi anni. In questi giorni è
partita la controffensiva mediatica dei sostenitori del Sì su scala nazionale e
locale. Questo è un esempio, con nome e cognome, di chi dall'alto di non si sa quale certificata preparazione si permette di mettere in discussione le competenze altrui. La strategia è screditare i sostenitori del No, non fermandosi neanche, lo ripeto, di fronte al dileggio e che va ben oltre un confronto dialettico. L'ho scritto e l'ho ripeto qui: io non sono disposto a tollerarlo. Lascio ai lettori ogni riflessione su quanto scrive, ad esempio, un tale, novello Calamandrei "de noiantri", (s)qualificato già dal suo linguaggio scurrile e dal suo attacco personale:
Purtroppo già il fatto che si sia in un clima da
stadio di scontro fra fazioni è una conseguenza pessima delle scelta di fare
una riforma a colpi di maggioranza: «Non si fa luogo a referendum se la legge è
stata approvata nella seconda votazione di ciascuna delle Camere a maggioranza
di due terzi dei suoi componenti» (art. 138). Ma era inevitabile che ciò accadesse, non
essendoci le condizioni, in una Parlamento delegittimato dalla sentenza della
Corte Costituzionale sulla legge elettorale che lo aveva eletto, per una
riforma “strutturale” della Parte seconda della Carta relativa all’Ordinamento
della Repubblica con la modifica di oltre quaranta articoli.
Come ha detto il prof. Baldini nell’incontro
con cui il M5S di Benevento ha avviato la campagna referendaria, alla fine ci
sarà sicuramente una vittima: la Costituzione stessa che, cessando di essere il
luogo di unione sociale e civile degli Italiani, sarà divenuta oggetto di
contesa senza esclusione di colpi. Questa è un’enorme responsabilità storica di
una sedicente classe dirigente (che guida l’Italia dal 2013 dopo
l’esautoramento di Berlusconi da parte della governance politico-finanziaria
europea e globalizzata), figlia del progetto stesso che ne sorregge l’operato,
e che va sempre ricordato: il pareggio di bilancio (invero del 2012 ma
fondamentale per tale progetto politico), il jobs act, la “buona scuola”, la
riforma costituzionale. Sono tasselli di un unico grande progetto politico.
Per questo motivo non bisogna cadere nel
tranello dei sostenitori del Sì, organizzati spesso in maniera squadristica,
soprattutto quando si è iniziato a percepire il rischio concreto di una
disastrosa sconfitta referendaria, che costituirebbe inciampo a questo progetto
politico, certamente voluto dall’Europa e che ha avuto come regista poco
occulto in Italia Giorgio Napolitano, dal quale proprio nei giorni scorsi è partita la
controffensiva, che ha visto nel confronto Renzi-Zagrebelsky la prima battaglia
decisiva.
I sostenitori del Sì, quelli nostrani con i
quali ho provato a confrontarmi, tenderanno a dimostrare che basta la
conoscenza della Costituzione del 1948 e lo studio “neutrale” della riforma
Boschi per votarla entusiasticamente il 4 dicembre. Per questo non esiteranno a
screditare i sostenitori del No, cercando di mostrare che essi non conoscono la
Costituzione e non hanno studiato la riforma. La loro arma sarà il dileggio. Da
questo punto di vista è già abbastanza facile smontarne le tesi. I maggiori
studiosi di diritto costituzionale sono tutti schierati sul fronte del no.
Il mio suggerimento è, dunque, non solo quello
ovvio di studiare la riforma anche nei suoi aspetti tecnico-giuridici ma
esercitare costantemente il sospetto, chiedendosi: perché questa riforma? Chi
l’ha voluta? Al di là dei tecnicismi come potrebbe cambiare l’assetto del
nostro paese? Se già ad una lettura “tecnica” (in questo rinvio agli ottimi
articoli di Vincenzo Baldini) essa appare discutibile, quando la si legge
all’interno del progetto più ampio di rafforzamento del potere esecutivo
finalizzato a decisioni celeri che non abbiano l’ostacolo di un organo
legislativo troppo autonomo e articolato, ebbene allora tutto diventa più
chiaro. Mettiamo insieme i due approcci:
«L'analisi compiuta
secondo un metodo scientifico conduce, in conclusione, ad un giudizio
recisamente negativo sui contenuti della legge costituzionale di riforma.
Si tratta di un cattivo riassetto organizzativo che, più che compiere un passo in avanti nella costruzione di un modello di "democrazia decidente" cerca di affermare in modo surrettizio le condizioni di una democrazia decisionista, infarcita di soluzioni procedurali atte ad affermare la supremazia di una maggioranza e a sgomberare, all’Esecutivo, ogni ostacolo sulla via della libera decisione» (Vincenzo Baldini, Professore di Diritto Costituzionale, Università di Cassino).
Si tratta di un cattivo riassetto organizzativo che, più che compiere un passo in avanti nella costruzione di un modello di "democrazia decidente" cerca di affermare in modo surrettizio le condizioni di una democrazia decisionista, infarcita di soluzioni procedurali atte ad affermare la supremazia di una maggioranza e a sgomberare, all’Esecutivo, ogni ostacolo sulla via della libera decisione» (Vincenzo Baldini, Professore di Diritto Costituzionale, Università di Cassino).
Questo è il motivo principale per il quale io voto no e invito tutti a difendere una Costituzione (sicuramente perfettibile) da una riforma pericolosa.
[01. continua]
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