martedì 11 ottobre 2016

Verso il referendum costituzionale II [Risposta a Castaldi]


Qualcuno ha scritto che quello di dicembre sarà il voto più importante degli ultimi anni. È vero. La vittoria del sì sancirebbe una significativa trasformazione dell’assetto istituzionale italiano, una svolta “decisionista”, come è stata definita, e neo-centralista (in contraddizione con l’art. 5 della Costituzione stessa). Come sempre non mi sto tirando indietro rispetto all’agone. È nella mia natura. Lo dicono le parole, bellissime, di Antonio Gramsci che amo riscrivere ogni volta che ne ho l’occasione: «Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita». Questo, ovviamente, significa anche accettare il rischio dell’errore. Ma di certo, dovesse esistere l’inferno come l’immagina Dante, quasi ovunque potrei andare tranne che nell’Antinferno, tra «l’anime triste di coloro / che visser sanza infamia e sanza lodo». 
A proposito di infamie... In questo periodo ne ho subite parecchie: ad esempio l’accusa di essere un docente sostanzialmente ignorante o reo di insegnare assurdità ai propri alunni. Come amo ripetere: come marito sarò giudicato da mia moglie, come padre da mia figlia, come docente solo dai miei alunni. E non mi curo oltre, dunque, delle anime "prave" che sono giunte all’ignominia di scrivere ai miei colleghi per infangarmi. Sono sputi in cielo...
Veniamo, invece, all’oggetto di questo post.
Nunzio Castaldi è un caro amico che mi fu accanto nel 2001, durante i mesi di campagna elettorale in cui ero candidato come Sindaco di una piccola lista civica (Città Aperta) rosso-verde. Con lui abbiamo condiviso idealità politiche, se ben ricordo l’invito anche di altri amici di entrare in SEL, invito declinato senza esitazioni, ritenendo oramai la “sinistra” istituzionale, in particolare quella beneventana, cosa morta. 
Negli ultimi anni le nostre strade si sono nettamente separate da un punto di vista politico. Lui ha deciso di iscriversi al PD, io di entrare nel Movimento 5 Stelle.
Nunzio mi ha rimproverato, con i consueti modi urbani, nella mia veste di educatore e di consigliere comunale di due cose sostanzialmente in relazione al referendum costituzionale del 4 dicembre:
1) di criticare le istituzioni che in questi mesi stanno “informando” sul referendum, accusandole di parzialità («Possono le istituzioni mentire?» si chiede e mi chiede Nunzio);
2) di utilizzare scorrettamente le mie capacità di influencer per “plagiare”, propalando informazioni scorrette sul referendum prive di adeguato riscontro scientifico e tradendo così sia il mio ruolo di educatore sia quello di rappresentante delle istituzioni.
Io sono grato a Nunzio perché mi dà l’occasione per chiarire, anzitutto a me stesso, il senso del mio agire, ora che accanto al lavoro di insegnante svolto anche quello (invero assai impegnativo) di consigliere comunale (di opposizione).



Essere nelle istituzioni non significa non vederne le criticità e i malfunzionamenti. L’idea che Nunzio ha (non so se “rettoricamente” o in maniera “persuasa”) è molto infantile (absit iniuria verbis), oserei dire (absit iniuria verbis!) hegeliana, quasi a postulare l’esistenza di una classe detentrice dell’universale, al di sopra degli interessi della “società civile”. Il vecchio Marx, quel “cane morto” che ogni tanto è bene riprendere in mano (con le dovute cautele) ci ha insegnato, invece, che lo Stato è sempre espressione di ben precisi interessi che lui definiva “di classe”. D’altronde, è esperienza quotidiana, visibilissima nei Comuni, in particolare quelli piccoli, dove è evidente che l’universale si piega agli interessi particolari, addirittura familiari. Lo dico a chiare lettere: i Ministeri e l’informazione pubblica sono stati piegati in passato spesso e volentieri agli interessi di chi in quel momento aveva le leve del potere esecutivo. Lo stesso sta accadendo ora con un’informazione faziosa tesa a plagiare il cittadino che non ha la volontà o il tempo di informarsi correttamente per deliberare. È bene ricordare, inoltre, che mai come in questo caso il ruolo del Governo, dell'esecutivo, è stato decisivo (e questa è una delle critiche di metodo più serie alla Riforma che non a caso prende il nome da un ministro, la Boschi).
Insomma, non condivido il De André che scrive: «certo bisogna farne di strada | da una ginnastica d'obbedienza | fino ad un gesto molto più umano | che ti dia il senso della violenza, | però bisogna farne altrettanta | per diventare così coglioni | da non riuscire più a capire | che non ci sono poteri buoni», però ritengo doveroso esercitare, soprattutto “dal di dentro” il sospetto. Il “potere” può essere “buono” solo se è tenuto costantemente sotto controllo da altri poteri, per esempio l’opinione pubblica. Mi stupisce, dunque, lo stupore di Nunzio nel mettere in discussione il “rigore” e l’oggettività di slide che il Ministero sta divulgando a proposito del Referendum, come se un ministero, retto da un Ministro di nomina politica, fosse un organo super partes.
La seconda accusa è più insidiosa. Provo a rispondere con una domanda. Qual è l’alternativa? Tacere? Allora non avrei dovuto neanche candidarmi come consigliere comunale di una “parte” politica? Anche in questo caso ho “tradito” il mio mandato di educatore? Ovviamente per rispondere a tutte queste domande bisognerebbe aver risposto alla domanda preliminare. Chi è l’educatore? Quale il suo compito? Quel che dico spesso ai miei alunni, a proposito, ad esempio della valutazione, è che io non sarò mai “obbiettivo”, perché l’obbiettività è un mito, una fola, ma sarò trasparente. Ecco, ripeto lo stesso a proposito del mio essere educatore e essere “di parte”: non sarò obbiettivo ma sarò trasparente. Non c’è peggior inganno di chi finge terzietà e in realtà sta sottilmente indirizzando i propri interlocutori (strategia per altro prediletta da molti dei sostenitori del Sì: «se leggiamo con attenzione la riforma non possiamo che approvarla, dunque studiamola insieme...»). Altra cosa, e certo ben grave, sarebbe se io utilizzassi l’aula per fare propaganda. Ma di questo possono rispondere i miei alunni in sedici anni di carriera. Per altro l’essere in contatto con molti di loro che hanno fatto le più svariate scelte politiche mi certifica in qualche modo che ho almeno tentato di non plagiarli. Anzi, il numero eccessivo di ex alunni iscritti al PD dovrebbe indurmi a qualche amara riflessione (scherzo!).
Resta la rete. «Tu sei un influencer... Non puoi dimenticarlo. I tuoi alunni e tante altre persone leggono quello che scrivi e ne sono inevitabilmente condizionati» (sono parole mie che cercano di dipanare il pensiero del mio interlocutore). È un onere. Lo vivo consapevolmente. Ho oltre cinquemila persone “amiche” su Facebook, ho preso 800 voti alle elezioni. Sono un monito alla responsabilità, allo studio, alla parola consapevole. Faccio ogni giorno delle scelte, le rendo pubbliche, entro nel conflitto delle interpretazioni. Lo considero un esercizio quotidiano di παρρησία, esposto al rischio costante dellerrore perché nelle faccende umane la verità” deve essere necessariamente virgolettata. Posso solo dire che se c’è gente che prova stima per me, se qualcuno ritiene le mie opinioni degne di essere ascoltate, ebbene vorrà dire che, da quando ho iniziato a frequentare l’γορά prima reale e poi virtuale, ho conquistato credibilità. Il discorso sottinteso di Nunzio è: «Non puoi usare tale credibilità per mentire o dire verità parziali». Vorrà dire che la perderò tutta tale credibilità perché ne avrò fatto cattivo uso. Oppure essa sarà rafforzata sia dalle campagne di denigrazione che alcuni hanno goffamente tentato nei miei confronti sia dalla semplice constatazione che non si contrappongo il “vero” e il “falso”, il “giusto” e lo “sbagliato” ma due possibili interpretazioni della convivenza civile, del potere, delle istituzioni democratiche e della Costituzione.
So che anche Nunzio potrebbe andare in vari gironi infernali (per esempio nel terzo cerchio) ma non nell’Antinferno. Siamo avversari politici, ma apprezzo il suo schierarsi, il suo metterci la faccia. Perché, come mi ha insegnato il fascista Ezra Pound «se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui».  

N.B.
Tutti i virgolettati sono frasi in cui ho cercato, come già detto, di spiegare meglio a me stesso le critiche di Nunzio, più concise nella formulazione sui social.
Se Nunzio dovesse ritenerlo opportuno questo spazio è a sua disposizione per una replica.
Sono entrato pochissimo nel merito del referendum perché, a parte alcuni chiarimenti, abbiamo convenuto di evitare ulteriori polemiche, divenute, in alcuni passaggi e soprattutto per i modi poco civili di altri interlocutori, abbastanza aspre.

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