Qualcuno ha scritto che quello di dicembre
sarà il voto più importante degli ultimi anni. È vero. La vittoria del sì
sancirebbe una significativa trasformazione dell’assetto istituzionale
italiano, una svolta “decisionista”, come è stata definita, e neo-centralista
(in contraddizione con l’art. 5 della Costituzione stessa). Come sempre non mi
sto tirando indietro rispetto all’agone. È nella mia natura. Lo dicono le
parole, bellissime, di Antonio Gramsci che amo riscrivere ogni volta che ne ho
l’occasione: «Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive
veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è
parassitismo, è vigliaccheria, non è vita». Questo, ovviamente, significa anche
accettare il rischio dell’errore. Ma di certo, dovesse esistere l’inferno come
l’immagina Dante, quasi ovunque potrei andare tranne che nell’Antinferno, tra
«l’anime triste di coloro / che visser sanza infamia e sanza lodo».
A proposito di infamie... In questo periodo ne ho subite parecchie: ad esempio l’accusa di
essere un docente sostanzialmente ignorante o reo di insegnare assurdità ai
propri alunni. Come amo ripetere: come marito sarò giudicato da mia moglie,
come padre da mia figlia, come docente solo dai miei alunni. E non mi curo
oltre, dunque, delle anime "prave" che sono giunte all’ignominia di scrivere ai
miei colleghi per infangarmi. Sono sputi in cielo...
Veniamo, invece, all’oggetto di questo post.
Nunzio Castaldi è un caro amico che mi fu
accanto nel 2001, durante i mesi di campagna elettorale in cui ero candidato
come Sindaco di una piccola lista civica (Città Aperta) rosso-verde. Con lui
abbiamo condiviso idealità politiche, se ben ricordo
l’invito anche di altri amici di entrare in SEL, invito declinato senza
esitazioni, ritenendo oramai la “sinistra” istituzionale, in particolare quella
beneventana, cosa morta.
Negli ultimi anni le nostre strade si sono nettamente
separate da un punto di vista politico. Lui ha deciso di iscriversi al PD, io
di entrare nel Movimento 5 Stelle.
Nunzio mi ha rimproverato, con i consueti modi
urbani, nella mia veste di educatore e di consigliere comunale di due cose
sostanzialmente in relazione al referendum costituzionale del 4 dicembre:
1) di criticare le istituzioni
che in questi mesi stanno “informando” sul referendum, accusandole di
parzialità («Possono le istituzioni mentire?» si chiede e mi chiede Nunzio);
2) di utilizzare scorrettamente
le mie capacità di influencer per “plagiare”, propalando informazioni
scorrette sul referendum prive di adeguato riscontro scientifico e tradendo
così sia il mio ruolo di educatore sia quello di rappresentante delle
istituzioni.
Io sono grato a Nunzio perché mi dà
l’occasione per chiarire, anzitutto a me stesso, il senso del mio agire, ora
che accanto al lavoro di insegnante svolto anche quello (invero assai
impegnativo) di consigliere comunale (di opposizione).
Essere nelle istituzioni non significa non
vederne le criticità e i malfunzionamenti. L’idea che Nunzio ha (non so se
“rettoricamente” o in maniera “persuasa”) è molto infantile (absit iniuria
verbis), oserei dire (absit iniuria verbis!) hegeliana, quasi a postulare
l’esistenza di una classe detentrice dell’universale, al di sopra degli
interessi della “società civile”. Il vecchio Marx, quel “cane morto” che ogni
tanto è bene riprendere in mano (con le dovute cautele) ci ha insegnato,
invece, che lo Stato è sempre espressione di ben precisi interessi che lui
definiva “di classe”. D’altronde, è esperienza quotidiana, visibilissima nei
Comuni, in particolare quelli piccoli, dove è evidente che l’universale si
piega agli interessi particolari, addirittura familiari. Lo dico a chiare
lettere: i Ministeri e l’informazione pubblica sono stati piegati in passato
spesso e volentieri agli interessi di chi in quel momento aveva le leve del
potere esecutivo. Lo stesso sta accadendo ora con un’informazione faziosa tesa
a plagiare il cittadino che non ha la volontà o il tempo di informarsi
correttamente per deliberare. È bene ricordare, inoltre, che mai come in questo caso il ruolo del Governo, dell'esecutivo, è stato decisivo (e questa è una delle critiche di metodo più serie alla Riforma che non a caso prende il nome da un ministro, la Boschi).
Insomma, non condivido il De André che scrive:
«certo bisogna farne di strada | da una ginnastica d'obbedienza | fino ad un
gesto molto più umano | che ti dia il senso della violenza, | però bisogna
farne altrettanta | per diventare così coglioni | da non riuscire più a capire
| che non ci sono poteri buoni», però ritengo doveroso esercitare, soprattutto
“dal di dentro” il sospetto. Il “potere” può essere “buono” solo se è tenuto
costantemente sotto controllo da altri poteri, per esempio l’opinione pubblica.
Mi stupisce, dunque, lo stupore di Nunzio nel mettere in discussione il
“rigore” e l’oggettività di slide che il Ministero sta divulgando a proposito
del Referendum, come se un ministero, retto da un Ministro di nomina politica,
fosse un organo super partes.
La seconda accusa è più insidiosa. Provo a
rispondere con una domanda. Qual è l’alternativa? Tacere? Allora non avrei
dovuto neanche candidarmi come consigliere comunale di una “parte” politica?
Anche in questo caso ho “tradito” il mio mandato di educatore? Ovviamente per
rispondere a tutte queste domande bisognerebbe aver risposto alla domanda
preliminare. Chi è l’educatore? Quale il suo compito? Quel che dico spesso ai
miei alunni, a proposito, ad esempio della valutazione, è che io non sarò mai
“obbiettivo”, perché l’obbiettività è un mito, una fola, ma sarò trasparente.
Ecco, ripeto lo stesso a proposito del mio essere educatore e essere “di
parte”: non sarò obbiettivo ma sarò trasparente. Non c’è peggior inganno di chi
finge terzietà e in realtà sta sottilmente indirizzando i propri interlocutori
(strategia per altro prediletta da molti dei sostenitori del Sì: «se leggiamo
con attenzione la riforma non possiamo che approvarla, dunque studiamola
insieme...»). Altra cosa, e certo ben grave, sarebbe se io utilizzassi l’aula
per fare propaganda. Ma di questo possono rispondere i miei alunni in sedici
anni di carriera. Per altro l’essere in contatto con molti di loro che hanno
fatto le più svariate scelte politiche mi certifica in qualche modo che ho
almeno tentato di non plagiarli. Anzi, il numero eccessivo di ex alunni
iscritti al PD dovrebbe indurmi a qualche amara riflessione (scherzo!).
Resta la rete. «Tu sei un influencer... Non
puoi dimenticarlo. I tuoi alunni e tante altre persone leggono quello che
scrivi e ne sono inevitabilmente condizionati» (sono parole mie che cercano di
dipanare il pensiero del mio interlocutore). È un onere. Lo vivo
consapevolmente. Ho oltre cinquemila persone “amiche” su Facebook, ho preso 800
voti alle elezioni. Sono un monito alla responsabilità, allo studio, alla
parola consapevole. Faccio ogni giorno delle scelte, le rendo pubbliche, entro
nel conflitto delle interpretazioni. Lo considero un esercizio quotidiano di παρρησία,
esposto al rischio costante dell’errore perché
nelle faccende umane la “verità” deve essere
necessariamente virgolettata. Posso solo dire che se c’è gente che prova stima
per me, se qualcuno ritiene le mie opinioni degne di essere ascoltate, ebbene
vorrà dire che, da quando ho iniziato a frequentare l’ἀγορά
prima reale e poi virtuale, ho conquistato credibilità.
Il discorso sottinteso di Nunzio è: «Non puoi usare tale credibilità per
mentire o dire verità parziali». Vorrà dire che la perderò tutta tale
credibilità perché ne avrò fatto cattivo uso. Oppure essa sarà rafforzata sia
dalle campagne di denigrazione che alcuni hanno goffamente tentato nei miei
confronti sia dalla semplice constatazione che non si contrappongo il “vero” e il
“falso”, il “giusto” e lo “sbagliato” ma due possibili interpretazioni della
convivenza civile, del potere, delle istituzioni democratiche e della Costituzione.
So che anche Nunzio potrebbe andare in vari
gironi infernali (per esempio nel terzo cerchio) ma non nell’Antinferno. Siamo
avversari politici, ma apprezzo il suo schierarsi, il suo metterci la faccia.
Perché, come mi ha insegnato il fascista Ezra Pound «se un uomo non è disposto
a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla
lui».
N.B.
Tutti i virgolettati sono frasi in cui ho cercato, come già detto, di spiegare meglio a me stesso le critiche di Nunzio, più concise nella formulazione sui social.
Se Nunzio dovesse ritenerlo opportuno questo spazio è a sua disposizione per una replica.
Sono entrato pochissimo nel merito del referendum perché, a parte alcuni chiarimenti, abbiamo convenuto di evitare ulteriori polemiche, divenute, in alcuni passaggi e soprattutto per i modi poco civili di altri interlocutori, abbastanza aspre.
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