sabato 10 gennaio 2009

sempre con Davide


1) [Davide e Golia] La sproporzione di mezzi tra un pezzo di palestinesi (esecrabile ma comprensibile nella sua rabbia che dura da cinquant'anni senza sbocchi) e gli israeliani non rende possibile equipare le violenze degli uni e degli altri. Bisogna sempre prender parte. In questo caso quella del più debole, del più clamorosamente debole... Ripenso a Munich"di Spilberg (ebreo), ripenso ad alcune frasi di George Steiner (ebreo), e so che è giusto, ora come non mai, difendere i palestinesi (malgrado le loro classi dirigenti) e chiedere con forza un intervento internazionale e la creazione di una milizia che si interponga tra loro e un'Israele sempre più accecata dal suo suo sogno impossibile di cancellare l'avversario.

2) [Né filoterrorismo né antisemitismo] Difendere i palestinesi da quello che inizia ad assomigliare sempre di più ad un genocidio non significa appoggiare i terroristi; essere contro le politiche dello Stato di Israele non significa essere antisemiti. Mi spiace doverlo ripetere ogni volta. Ma oramai ci sono abituato. Paradossale per uno che considera il pensiero e la cultura ebraica fondamentale nella propria formazione.
3) [Dalla parte del torto] Davvero sulla questione palestinese i media sono manipolati, altrimenti sarebbe lampante che si tratta di una strage indiscriminata. E' come la guerra in Irak. I servi dei regnanti, all'epoca, trovavano ogni giustificazione, Hussein (spietato tiranno, senza dubbio, anche con l'aiuto USA nella guerra contro l'Iran) paragonato ad Hitler. E noi a dire che c'erano altri mezzi, che non c'erano armi di distruzione di massa. Bella consolazione sapere, un milione circa di morti dopo, che, è vero, la Cia «ci aveva dato informazione imprecise». Non bisogna mai temere di essere, come diceva Brecht, dalla parte del torto.

1 commento:

antonio ha detto...

Nicola, non lo so.

Bisognerebbe sempre prendere una posizione e in questo caso sembra giusto schierarsi col più debole, eppure...

Non riesco a non pensare a cosa deve essere vivere nel terrore di un attentato, la paura costante che possa succedere qualcosa ai tuoi figli mentre prendono l'autobus per andare a scuola, il continuo sospetto che l'arabo accanto a te in attesa di attraversare la strada possa farsi saltare in aria.

Quando leggo dei razzi che Hamas lancia costantemente dalla striscia di Gaza sul territorio israeliano, mi vengono sempre in mente alcune pagine de L'Arcobaleno della Gravità. Pynchon raccontava cosa fosse vivere nella Londra colpita dalle V2. Il rumore del razzo che arriva, la contraerea che cerca di difendere la città, tutti ad attendere il rumore dello schianto trattenendo il fiato. L'esplosione e il sospiro di sollievo, questa volta è toccato a qualcun altro.

Deve essere terribile.

Antonio