Leo Longanesi, autore che
certamente il Nostro conosce, scrisse una volta: «La nostra bandiera nazionale
dovrebbe recare una grande scritta: Ho famiglia».
Ciò nondimeno, chi assume la
responsabilità — che, secondo Hans Jonas, costituisce la cifra autentica del
vero politico — di guidare una comunità, ha il dovere di trascendere questo
sventurato carattere nazionale. Dovrebbe cioè pesare le proprie parole
pubbliche, anche quando ormai si trova ai margini della grande storia; se non
altro, per non ridursi a caricatura di sé stesso, a comico da barzelletta.
Quello che imputo al Nostro — cui
scrissi, in altri tempi e con altro stile, osando un “tu” che fu bellamente
ignorato (e poco importa poter dire oggi che avevo ragione) — è soprattutto la
sua totale cecità di fronte alla catastrofe pedagogica. “Usare” persone per il
proprio piacere, sapendo che non dispongono di una piena facoltà di intendere
e, dunque, di assentire, è già di per sé osceno. Ma ciò che più pesa è lo stile
di vita che conduce fino a quel punto: lo stile che segna lo sbrago, la
frattura, il cedimento morale. Un cedimento che stride con il francescanesimo
ormai, mi permetto di dire, millantato dal Nostro.
Suggerisco, pur sapendo che
ancora una volta resterò inascoltato, un po’ di silenzio. Nulla è mai
definitivamente perduto: ogni errore può conoscere la propria espiazione,
purché si abbia il coraggio di mettere seriamente in discussione le proprie
scelte — di padre, di educatore. Se tutto diventa lecito in nome del
divertissement, allora l’umano svanisce.
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