Il CISP (Centro Indagini e Studi del Paranormale) mi ha invitato a partecipare ad un pomeriggio dedicato alla figura di Socrate.
L’ho fatto per due motivi: il primo è che quest’anno, per gli impegni politici, ho rinunziato alla prima liceale, e dunque non ho potuto continuare la riflessione su una figura che reputo decisiva per me; il secondo motivo è che l’invito, tra gli altri, mi è provenuto da Salvatore De Toma. Non a caso ho iniziato il mio intervento con quello che Franco Arminio definirebbe un «esercizio di ammirazione», elogiando Salvatore, che conosco dagli anni Novanta, come una delle persone più coerenti presenti nella nostra città. Non tutti forse ne ricordano la vicenda. Da sempre comunista, entrò nella prima giunta Pepe (giugno 2006) per i Comunisti italiani, lista che aveva sostenuto il candidato dell’UDEUR. Ebbe l’Assessorato alla Partecipazione. Pochi mesi dopo Salvatore fu «cacciato per non aver firmato la delibera che autorizzava l’apertura dell’ipermercato di Zamparini», una delle pagine più nere e oscure della storia cittadina, con responsabilità diffuse fra varie Amministrazioni (chiusasi con assoluzione per tutti). Avrebbe potuto abbassare la testa e conservare una poltrona comoda e remunerativa. Non lo fece. La vicenda avrà strascichi, perché De Toma scrisse un libro che la ricostruiva, e fu chiamato in giudizio da Italo Palumbo, n. 1 dei Comunisti italiani (oggi nel PD, neanche a dirlo, decariano di ferro). Salvatore ha avuto ragione...
Se lo spazio della politica fosse abitato da personaggi di tal tempra, con la schiena diritta e una carica di ideali nobili a guidare l’agire, Benevento non verserebbe nella condizione in cui è. Forzando Platone, direi che Salvatore è un «aureo», purtroppo in un mondo corrotto. E lo ringrazio di questo. Vorrei sapesse che certi gesti (li ho definiti “assoluti”), che sembrano perdersi nel nulla, tra una stampa spesso distratta o, peggio, asservita al potere, e ciascuno a custodire il proprio “particulare”, attento a non irritare il potente di turno, sono fatti per Dio e per tutti coloro che, consapevolmente, vorranno ereditarli. Io, umilmente, tra questi.
Quando Salvatore ed Egidio Del Grosso mi chiesero il titolo del mio intervento non ebbi esitazione: il mistero Socrate. C’è stata un’epoca in cui ho subito la potente fascinazione del Socrate “sciamano” (si può vedere a proposito il libro di Grimaldi, Socrate lo stregone, Asterios, 2008). E tutt’ora leggere le pagine finali del Συμπόσιον, con l’ateniese che resiste al freddo, cade in trance, beve senza ubriacarsi, mi danno i brividi. Ma non a questo alludevo con il titolo, bensì all’enigma lasciatoci in eredità da un uomo che non scrisse per scelta, ritenendolo contraddittorio rispetto all’essenza stessa della filosofia. Ecco... la filosofia... So di aver destabilizzato una parte degli uditori, ma era doveroso raccontare una storia diversa rispetto a quella cui veniamo educati nelle scuole. Socrate è il primo filosofo, ho detto, e probabilmente l’ultimo! Ciò che lo precede (o lo accompagna, come la Sofistica) non è φιλο/σοφία. È un’altra cosa, nobilissima, e probabilmente necessaria quanto (o più, pensando heidegerrianamente!) o più della filosofia stessa. La possiamo chiamare proto-scienza (penso ai fisiologi milesii) o pensiero (penso ad Eraclito o Parmenide), con tratti lì sì iniziatici.
Il mistero Socrate... Come il mistero Gesù. Un parallelo classico:
«Spesso Socrate è stato paragonato a Gesù. Tra le altre analogie esistenti, è certo che entrambi hanno avuto un’immensa influenza storica, pur essendo stati attivi in uno spazio e in un tempo molto limitati rispetto alla storia del mondo: una piccola città o un paese molto piccolo, con un numero molto ristretto di discepoli. Nessuno dei due ha lasciato documenti scritti, ma possediamo alloro riguardo delle testimonianze “oculari”: su Socrate, i Memorabili di Senofonte e i dialoghi di Platone; su Gesù, i Vangeli. Tuttavia, ci è molto difficile definire con certezza ciò che furono il Gesti storico e il Socrate storico. Dopo la loro morte i rispettivi discepoli fondarono scuole per diffondere il loro messaggio; e a questo punto, le scuole fondate dai “socratici” mostrano di essere di gran lunga più diverse le une dalle altre di quanto non lo siano i cristianesimi primitivi; questo evidenzia la complessità dell'atteggiamento socratico» (P. Hadot, Che cos’è la filosofia antica, Einaudi, 1998, pp. 25-26).
Non mi sono dilungato tecnicamente sul problema delle fonti. Mi sono limitato a ricordare come esistono svariati “Socrate”, spesso incompatibili tra loro: quello di Aristofane, quello di Senofonte, quello di Policrate, quello di Platone, quello di Aristotele, per citare i maggiori e più vicini nel tempo.
Dunque, quello socratico è un mistero irrisolvibile. Come quello di Gesù. Ed è il “mito” di Socrate a segnare con un’impronta indelebile tutta la storia della filosofia. Esattamente come, da Oriente, il “mito” di Gesù.
Qual è la conclusione? Che ciascuno di noi è chiamato a co-costruire il proprio “Socrate”. Questo vale ovviamente in assoluto (non esistono fatti ma solo interpretazioni). Nel caso di Socrate, però, vale all’ennesima potenza, se è vero che i suoi contemporanei ebbero lo stesso problema. In qualche modo (misterioso!) Socrate ha programmato il suo insolubile mistero.
Personalmente il “mio” Socrate è fortemente debitore di quello che Pierre Hadot ha messo al centro della sua monumentale e originalissima ricerca sulla filosofia antica, ribadendo un concetto semplice ma spesso dimenticato: la filosofia nasce come modo di vivere, non come teoria. E da questo punto di vista, dunque, Socrate è il protofilosofo.
Quale il suo vero insegnamento? Lo strumento utilizzato da Socrate è il dialogo. Il dialogo conduce ad un’aporia, all’impossibilità di concludere e di formulare un sapere “chiuso”. Oppure l’interlocutore, costretto a “conoscere se stesso”, imparerà a mettere in discussione le proprie certezze cristallizzatesi. Si tratta di mettere in discussione noi stessi. Quindi, dice Hadot, andando oltre il Socrate vulgato dalla manualistica scolastica e ricollegandosi al centro della sua ricerca, il vero problema non è saper questa o quella cosa ma l’essere in questo o quel modo. Il problema socratico, dunque, è essere, non sapere.
Senza alcune pretesa di originalità ed esaustività ho poi raccontato brevemente il contenuto di un opera che tutti dovrebbero, prima o poi, leggere: il Συμπόσιον. In essa emerge limpidamente che cosa sia, socraticamente, la filosofia: una tensione inesausta e inappagabile verso la σοφία, che modifica costantemente il nostro modo d’essere. Per questo, come scrive Platone, Eros – Δαίμων figlio di Pορος e Pενια , ponte tra terra e cielo – è filosofo.
Ho aggiunto che, proprio per questo, un vero educatore (ma è stata digressione nata quasi naturalmente dal mio lavoro) non può, nella propria attività, non avere costantemente dentro di sé una carica eroica...
Il mistero con cui ho voluto chiudere, sperando in un dialogo che, purtroppo per motivi di tempo, non c’è stato, ma che avrebbe dato senso compiuto al poco detto, è: perché la filosofia, nata come modo d’essere, è divenuta nel corso dei secoli sempre più una “teoria”, capace di slegarsi completamente dalla prassi? Perché oggi, se pensiamo ad un filosofo, non pensiamo ad un maestro di vita ma, al limite, ad un maestro del pensiero?
1 commento:
Ma Socrate non insegnava a conoscere per essere e non viceversa? Non partiva forse nei suoi dialoghi da esempi concreti, dalla realta' fisica? Insinuava il dubbio non per dimostrare l'inconoscibilita' delle cose ma anzi per insegnare la corretta via alla conoscenza dunque la riteneva raggiungibile, al contrario dei Sofisti. I fatti sono interpretazioni logicamente condivise e come tali oggettivi e non interpretazioni soggettive ed aleatorie. Socrate e' stregone non piu' di Galileo che peraltro fu anche condannato dall'inquisizione, ma l'accezione di stregone e' tutt'altra qui rispetto quella comune.
E poi cosa c'entra Socrate con il paranormale? Socrate puo' essere assimilato ad un primo della scienza piu' che uno prima della scienza (il metodo meieutico non prescinde dal reale e anche se Socrate lo applicava alla morale non puo' funzionare anche come metodo scientifico ante litteram?).
L'Alchimia medievale era un primo approccio pseudoscientifico alla natura prima della definizione del metodo scientifico, e se ne interesso' anche Newton, ma l'attuale paranormale e' un'altra cosa, nega il valore stesso della scienza e del metodo scientifico, non l'affianca, ne e' l'antitesi.
Infine non mi risulta che Socrate abbia fatto miracoli come Gesu'. Entra la religione con Socrate solo forse per negarla come intesa dagli ateniesi ma non e' il fondatore di una nuova religione altrimenti dobbiamo intendere la Filosofia come religione contraddicendoci perche' non la ragione ma la Fede rappresenterebbe la sua base, e come tale sarebbe inutile il dialogo filosofico perche' legittimamente ciascuno avrebbe il suo Credo senza bisogno di confrontarsi per trovare un punto comune.
Viscione Michelangelo
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