Di questa estate ricorderò certo che è stata la fine delle
estati come le ho vissute almeno negli ultimi dieci, dodici anni. Era il
momento della rigenerazione a contatto con forze primigenie, in ascolto di voci
che sfuggono nel caos cittadino, il momento in cui dispiegare pienamente la
componente contemplativa del mio spirito. Per un po’ di tempo, non so quanto,
tutto ciò non sarà più possibile. Ci ho messo un po’ a capirlo. Poi, come
sempre, mi ha aiutato l’etimo delle parole. "Politica" deriva da πόλις,
che significa “città”, molto semplicemente. Dunque, la politica pertiene, nella
accezione occidentale, ontologicamente alla sfera cittadina, che è circoscritta
rispetto alla campagna. La storia, anche dell’arte occidentale, ha sempre reso
evidente questo contrasto, talvolta divenuto scontro armato, che si è portato
con sé culture e pratiche diverse e spesso non comunicanti. Fino ad oggi ho
avuto il privilegio di poter attuare una secessione periodica dal mondo
cittadino, riconciliandomi con la terra, i sassi, il grano, gli alberi, le
stelle, gli esseri viventi che abitano questo mondo così prosaico e nello
stesso tempo affascinante. Ebbene, la “politica” mi costringe a fare una scelta
dolorosa ma inevitabile. Non posso più vivere, sebbene “a tempo”, lontano dalla
πόλις, dal commercio degli e con gli uomini. Verrei meno all’impegno
preso. Questo richiederà una nuova disciplina dell’anima. Non so se sarò altezza del compito.